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- di Maurizio Sgroi
A guardare i grafici dell’Ocse viene da pensare che il peggio sia passato. Il lungo inverno dell’economia pandemica mostra segni di primavera.
A guardare i grafici dell’Ocse viene da pensare che il peggio sia passato. Il lungo inverno dell’economia pandemica mostra segni di primavera.
Poiché viviamo tempi straordinari, nulla più dell’ordinario diventa meritevole di attenzione. Sicché risulta molto utile leggere un bollettino pubblicato di recente dalla Bis di Basilea che assevera col crisma dell’osservazione scientifica quello che a naso poteva già suggerirci il buon senso. Che, vale a dire, bloccare i dividendi per gli azionisti delle banche, pure se nuoce alle quotazioni di borsa, fa bene alla capitalizzazione degli istituti e quindi li rafforza nel momento in cui serve garantire ampie capacità di prestito.
Chi fosse interessato a capire come stia mutando la costituzione economica delle nostre società, dovrebbe dedicare qualche ora a leggere un bel paper di un’ottantina di pagine pubblicato di recente dal Fmi, che riepiloga un decennio (quasi) di tassi negativi imposti da alcune banche centrali che hanno inaugurato quella che senza tema di esagerazioni si può definire un’epoca.
Si inizia a fare la conta dei danni provocati dalla pandemia, peraltro ancora lungi dall’essere terminata, per cui vale la pena sfogliare un bel paper della Banca d’Italia che tratta di una vicenda annosa – la diseguaglianza dei redditi nel nostro paese – ma aggiornandola.
La questione energetica è a dir poco dirimente nel nostro secolo, come d’altronde è sempre stata anche assai prima che i cieli diventassero grigi per lo smog, per cui vale la pena concedersi la lettura di un bel paper diffuso da Bofit, dove si fa una pregevole sintesi dello stato dell’arte usando come punto di osservazione la Cina, per la semplice ragione che ormai da tempo il paese asiatico primeggia non solo per il consumo di energia, ma per le conseguenze naturali di tale primato: i livelli di emissioni inquinanti.
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