“In materia di pubblico impiego, ove il dipendente venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento di formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa”.
E’ quanto emerge dall’ordinanza n. 4256/2024 della Corte di cassazione - sezione Lavoro - depositata il 16 febbraio scorso, che ha accolto il ricorso di una dipendente comunale avverso la sentenza n. 1187/2018 della Corte d’appello di Roma la quale, nel decidere, non si era attenuta al succitato principio di diritto, più volte affermato dalla Suprema Corte.
Alla dipendente, funzionaria di livello D3, infatti, incaricata dal Direttore del personale, con apposito provvedimento, di svolgere una mansione superiore, erano stati negati i conseguenti benefici (indennità di posizione, indennità di risultato e incremento della tredicesima mensilità), a motivo della illegittimità dell’atto di conferimento perché privo della necessaria sottoscrizione anche da parte del responsabile finanziario dell’ente.
Sentenza cassata, dunque, con rinvio alla Corte territoriale affinché, in diversa composizione, si conformi ai principi di cui sopra e provveda anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Rocco Tritto