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Martedì, 23 Apr 2024

GeoscienzeIn alcuni miei precedenti interventi sul Foglietto, nel discutere dei problemi strutturali che rendono, a mio avviso, l’Università Italiana una struttura con connotazioni medievali e che determinano un danno enorme per il Paese e per i giovani, indicavo possibili rimedi per cercare di mettersi al passo con le Università del mondo sviluppato.

Chiarisco qui, di nuovo, che il problema nell’Università non è certo la mancanza di giovani di grande valore, che pure il Paese Italia produce (molti dei quali sono costretti a trovare patria fuori dall’Italia); ma è costituito da tanti Professori Universitari che, semplicemente, vedono gli studenti come gli “utili strumenti” buoni solo a giustificare i loro interessi corporativi all’interno del sistema.

Fra i mali rimarcati, da estirpare a monte, continuo ad auspicare l'eliminazione dei Settori Scientifico Disciplinari (SSD), retaggio corporativo del fascismo che ancora perdura nei nostri Atenei, ed altrove.

Ritorno sul tema dell’Università avendo ascoltato un dibattito, il 3 settembre scorso, ad un Convegno scientifico di Geoscienziati a Firenze, con l’intervento di vari politici, promotori di un Disegno di Legge, secondo la mia visione assolutamente aberrante, che partendo da una volontà, per quanto encomiabile, di volere dare visibilità al ruolo delle Geoscienze in Italia, si riduce, in fin dei conti, sostanzialmente nella tutela degli interessi corporativi di una categoria.

I Parlamentari, tutti geologi, forse anche con le migliori intenzioni, volendo salvaguardare le specificità della piccola comunità delle Geoscienze hanno presentato un Disegno di Legge per permettere, in deroga ai regolamenti esistenti, la costituzione di Dipartimenti di Scienze della Terra, atipici per quanto riguarda il numero minimo di afferenti richiesti per legge. Nella sostanza, gli scienziati della Terra, paventando una potenziale scomparsa dei "geologi", invocano questa deroga come rimedio per il rischio che correrebbe la categoria.

Ma la giusta visibilità che chiedono non ha nulla a che vedere con la garanzia che si vuole dare ad una piccola comunità di "gestire" autarchicamente la formazione dei giovani, non dimenticando il non trascurabile dettaglio che con l'eliminazione delle Facoltà, l'organizzazione didattica viene gestita all'interno dei Dipartimenti. E i Dipartimenti tanto più sono piccoli, tanto più tendono a chiudersi a riccio a difesa dei propri interessi corporativi.

Insomma, pare si faccia finta di non volere capire che il problema dei "geologi" stia proprio nella limitatezza del processo formativo, i cui principali responsabili sono appunto i Docenti … ed invece di rimediare a questa impostazione formativa palesemente inadeguata, scardinando il sistema aprendolo all'esterno, lo si vuole rafforzare consentendo ad un numero ancora più ristretto di Professori di consolidare le proprie prerogative all'interno dell'Università.

Penso, quindi, che il Disegno di Legge teso a favorire la costituzione di Dipartimenti atipici rifletta una visione del tutto errata, perché i Geologi per non correre il rischio di "scomparire" dovrebbero "remare" nella direzione opposta. Vale a dire, dovrebbero lavorare per allargare la base culturale dei potenziali interessati a studiare le Geoscienze.

Nella sostanza, in Italia bisognerebbe orientarsi nella direzione di una chiara distinzione fra Teaching University e Research University (discorso che vale per tutte le discipline). Alla prima andrebbe delegata la formazione di base che non può che essere generalista, alla seconda l'alta formazione con l'organizzazione di Laurea Magistrale e Dottorato (vale a dire la costituzione di Graduate Schools).

Ma tutto questo lo si può ottenere solo allargandosi alla multidisciplinarietà, a partire dalla Laurea Triennale (che in verità dovrebbe tornare alla quadriennalità), per poi dedicarsi alle specializzazioni nel percorso della Laurea Magistrale e Dottorato. Non invento nulla: è quello che succede in tutto il mondo avanzato.

Nei vari interventi di Firenze, non si è fatto altro che mettere in mostra come si sia determinato un calo di docenti nelle varie università italiane nel settore delle Geoscienze, ma non si è mostrato anche come si sia drasticamente ridotto il numero degli studenti. L’esempio più eclatante può essere quello delle Geoscienze presso la mia Università (Federico II di Napoli), dove negli anni 80 il numero di studenti raggiunse un record di circa 700 iscritti all’anno. A fronte di questa platea di iscritti c’erano allora circa 140-150 Docenti/Ricercatori strutturati.

Nel 2014-15, alla Federico II, si sono iscritti in Geoscienze 75 studenti, con un numero di 53 Docenti/Ricercatori, e, quindi, con un rapporto Docenti/Studenti di 1,5, mentre negli anni 80 il rapporto era di 5 (nel 2015-16, ad oggi, gli iscritti sono intorno a 30, che si incrementerà di poco entro novembre, raggiungendo forse un fantastico rapporto di 1/1 fra iscritti e Corpo Docente!).

In tante altre Università la situazione penso che sia ancora peggiore. Vale a dire che si ha uno sbilanciamento per eccesso di Docenti/Ricercatori rispetto al numero di studenti.

Ebbene, a fronte di una situazione del genere, sembra che, incontestabilmente, il problema dell’interesse generale dovrebbe andare nella direzione di dovere ridurre il numero di Docenti/Ricercatori, visto che gli studenti proprio non aumentano. Ma perché mai gli studenti di Geoscienze dovrebbero aumentare? Semplicemente per continuare a venire utilizzati come “utili strumenti” degli interessi corporativi dei professori?

Prima di cercare di “spingere” altri giovani ad indirizzarsi verso un percorso formativo che offre pochissime prospettive di lavoro, bisognerebbe chiedersi: onestamente, quanti di noi si sentirebbero di spingere un proprio figlio a fare una tale scelta?

Non mi dilungo su quanto secondo me bisognerebbe fare (e di cui ho parlato in articoli precedenti sul Foglietto), ma auspicherei che i Parlamentari promotori del suddetto Disegno di Legge (che vede d’accordo, a quanto mi è parso di capire, tutto l’arco parlamentare … compresi i 5 Stelle!) riflettessero bene sul danno ulteriore che produrrebbe la “salvaguardia” degli interessi di parte contro quelli generali.

Ricordo in questo contesto che in Inghilterra, più di vent’anni fa, il governo decise d’autorità di tagliare i rami secchi delle università inglesi, eliminando un gran numero di Dipartimenti, fra i quali anche diversi delle Geoscienze. Non mi pare che da quelle decisioni sia scaturita nel Regno Unito l’eliminazione dei geologi. Anzi, direi che continuano ad esserci ottime scuole di Geoscienze in quel Paese.

Il problema è semplicemente strutturale e culturale, perché bisognerebbe intervenire nelle università, eliminando privilegi medievali, lavorando contestualmente alla creazione sul territorio, sia a livello nazionale che locale, di strutture tecnico-scientifiche che siano al servizio dei cittadini, svincolate da scelte politico-clientelari. Creando, per esempio, un vero Servizio Geologico Nazionale (con relativi Servizi Geologici Regionali), eliminando gli enormi conflitti di interesse fra Protezione Civile (che finanzia la Ricerca!) ed una Istituzione quale l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Ma, soprattutto, la fondamentale, irrinunciabile Riforma culturale sarebbe quella di promuovere realmente il merito, evitando ogni e qualsiasi ingerenza politica, in primis, a livello di nomine, spesso non all’altezza del compito, ai vertici degli enti di ricerca.

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Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II e Adjunct prof. presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA

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