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Mercoledì, 24 Apr 2024

RapportoAntigone2016Le carceri dovrebbero essere il “luogo in cui chi ha commesso un errore non dovrebbe essere solo privato della libertà, ma soprattutto riabilitato e restituito alla società migliorato, dopo un percorso di rieducazione”, scrive Roberto Saviano nell'introduzione a Galere d'Italia - XII Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, e aggiunge che, nelle carceri italiane “i detenuti non hanno spazio vitale, non hanno acqua calda, non lavorano, non hanno prospettive e sono in balìa delle organizzazioni criminali, che tendono a strutturarsi ovunque, e tra i disperati gettano reti per nuova mano d'opera, nuovi affiliati, carne da macello in cambio di protezione”.

Il carcere, insomma, sembra essere sempre più la cartina di tornasole del fallimento delle leggi liberticide degli ultimi anni, dalla Fini-Giovanardi alla Bossi-Fini, passando per la ex Cirielli. Leggi figlie di un'idea sbagliata di sicurezza, emanate per placare i malumori, figli a loro volta della mancanza di una cultura del diritto. Leggi i cui effetti deleteri sono stati in parte smorzati da sentenze e, da ultimo, dai provvedimenti che nel 2014 sono stati presi per svuotare le carceri sovraffollate, dopo la condanna all'Italia della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2013 (sentenza Torreggiani).

Ma molto resta da fare per ricondurre la detenzione ad essere una misura eccezionale. Per esempio, se si depenalizzassero le droghe leggere e si adottassero misure analoghe alla vicina Svizzera, la popolazione carceraria si ridurrebbe di un terzo, con un risparmio annuo di 930milioni su 3miliardi annui di spesa.  «Sulle droghe − dice il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella nel presentare il Rapporto − occorre coraggio e non moralismi».

«Nelle carceri: la situazione è molto problematica, in particolare, per le mamme con bambini. Se non si riesce a fare uno sforzo per tirarle fuori, occorre almeno farlo per delle condizioni diverse all'interno del carcere − continua Gonnella − L'altro dato significativo è la presenza degli stranieri in carcere: oggi sono poco più del 33%, sono diminuiti, ma sempre molti. Sono in carcere per reati contro il patrimonio e per detenzione e spaccio. In proporzione, per loro si ricorre più facilmente alla custodia cautelare. Morti e suicidi sono sempre numerosi e stanno lì a dimostrare una difficoltà del nostro sistema carcerario anche a fronte di una diminuzione delle presenze dei detenuti; invece, è diminuito il numero di suicidi fra gli agenti. Ma vi sono comunque elevati tassi di mortalità per malattia e sono persone prevalentemente giovani. Questo vuol dire che c'è un problema di presa in carico della salute. Il costo giornaliero per detenuto è il più elevato d'Europa, perché vi è il più alto numero di agenti per detenuti, con pochi educatori. Pessima è la qualità della vita penitenziaria, a fronte di un basso tasso di reinserimento. Vi sono ancora casi di contenzione psichiatrica a Marassi».

Per risolvere la situazione e trovare soluzioni innovative, il ministro Orlando ha convocato gli Stati generali delle esecuzioni penali, 18 tavoli a cui partecipano giuristi, magistrati, rappresentanti del mondo della cultura e dell'associazionismo civile, esperti del mondo carcerario. Tavoli coordinati, tra gli altri, da personalità come il garante nazionale delle carceri Mauro Palma, l'architetto Luca Zevi, l'ex deputata Rita Bernardini. Alla fine, si costituirà una Banca delle Idee che dovrebbero entrare, si spera, nel disegno di legge delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario, che già prevede misure alternative, diritto alla sessualità e all'affettività, diritti degli stranieri, nuove regole per donne e minori.

Una cosa è certa già oggi: chi ha usufruito di misure alternative solo nello 0,79% dei casi recidiva.

Staremo a vedere quali saranno le proposte e, soprattutto, se verranno attuate, perché il carcere in Italia resta ancora un girone infernale che ci riporta indietro di secoli, un mondo che, dopo i timidi accenni di innovazione degli anni '80, dal decennio successivo è andato via via peggiorando.

«La situazione di sovraffollamento è migliorata ma resta la carenza di misure alternative. Le madri in carcere oggi stanno meglio di 3-4 anni fa − ribatte il ministro Andrea Orlando, che denuncia la mancanza di collaborazione degli enti locali e il comportamento dei magistrati di sorveglianza − A Rebibbia, ad esempio, se il Comune di Roma mettesse a disposizione una casa famiglia già confiscata, si potrebbe migliorare la situazione. Il sistema di benefici spesso non è conosciuto dalla magistratura di sorveglianza. La Gozzini è rimasta in gran parte inattuata. Il problema vero è l'alto tasso di recidiva, il che significa che il carcere non rieduca. Bisogna perciò chiamare altri soggetti esterni al carcere ad affrontare il problema. Sono tanti 3miliardi di spesa l'anno, tanto più se poi il carcere diventa scuola di criminalità. Perciò abbiamo aperto a soggetti diversi».

Dalla lettura del Rapporto si evince che vi sono istituti che funzionano e hanno un basso tasso di recidiva, come Bollate, e altri no. Bisogna quindi alzare lo standard medio degli istituti. Il meccanismo del carcere, come funziona oggi, è quello di un carcere fordista - dicono ad Antigone - che trattando tutti allo stesso modo passivizza i detenuti e non li rieduca, non li responsabilizza. Perché escano delle persone responsabili, occorre un ripensamento radicale.

«Occorre un coinvolgimento, innanzitutto, degli enti locali, specie in un momento di scarsità di risorse per essi − continua il Guardasigilli − Abbiamo costruito un progetto con il Comune di Roma che vedrà impegnati 120 detenuti per il Giubileo. Ci vorrebbero più progetti così».

Fatto sta che, ad oggi, nelle carceri ci sono 53.495 detenuti a fronte di circa 49.000 posti disponibili. Di essi 9000 vivono in meno di 4 mq, con bagno non separato in camera e doccia fuori. Il 34,6% è in attesa di giudizio (42,1% gli stranieri), età media 40 anni, ma 3.699 hanno più di 60 anni. Il 56% deve scontare una pena inferiore ai 3 anni. Prevalentemente, i detenuti provengono dal sud, Campania in testa. Il 33,45% sono stranieri: nord africani e dell'est. Il 4,1% donne, 449 i minori. Solo il 29,73% lavora, pochi studiano e i corsi di formazione regionali sono in diminuzione.

Di fronte agli abusi, i detenuti sono pressoché indifesi - solo lo scorso anno è stato nominato il Garante nazionale, mentre molte regioni non hanno mai nominato il proprio - e in alcuni casi presentano ricorsi ai magistrati di sorveglianza o, se scarcerati, al giudice civile, solo raramente ottengono giustizia. Una giustizia ancor più lenta e sorda nel caso di morti sospette in carcere.

Dei 6 reparti psichiatrici (Opg) che dovevano essere smantellati da un anno fa, l'unico chiuso è quello di Napoli. In alternativa, dovrebbero aprire le Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), tuttavia, ben 6 regioni sono inadempienti (ma è stato nominato un commissario), in alcuni casi. come a Castiglion dello Stiviere, non è cambiato che il nome della struttura da Opg a Rems.

Continuano ad esservi reparti psichiatrici con tanto di strumenti di contenzione, non si sa se utilizzati, ma una cosa è certa, più del 50% dei detenuti sono, tuttora , all'occorrenza sottoposti a trattamenti medici e sedati, altri sono in reparti psichiatrici con sistemi di contenzione.

«L'Italia che è stata all'avanguardia con la legge 184 non può tollerare che vi siano oltre 250 detenuti in queste condizioni. Molto dipende dall'impreparazione delle carceri ad ospitarli – dice Simona Filippi, Difensore civico di Antigone - in alcuni casi abbiamo dovuto presentare esposti per episodi di violenza e di sottovalutazioni delle condizioni di salute del detenuto ad opera del personale sanitario».

“Oltre alle risorse – conclude Saviano – perché la situazione cambi, dovrebbe esserci un'autentica cultura del diritto. Se l'avessimo, sapremmo che chi ha sbagliato deve poter riavere il suo posto in società ... vivere senza subire discriminazioni”.

Ad oggi, per molti non è stato così.

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