Spesso i trasferimenti di sede disposti d’ufficio dall’ente datore di lavoro approdano nelle aule di giustizia, in quanto il lavoratore ne contesta le motivazioni o l'assenza delle sresse.
Se ciò è del tutto legittimo, non altrettanto lo è il rifiuto di raggiungere la nuova sede.
Ne sa qualcosa una lavoratrice uscita sconfitta da un giudizio finito innanzi alla Suprema Corte di Cassazione che, con sentenza 26 settembre 2016 n. 18866, ha confermato la legittimità del suo licenziamento.
Il trasferimento del lavoratore presso altra sede giustificato da oggettive esigenze organizzative aziendali – sottolinea la Cassazione - può consentire al medesimo di richiederne giudizialmente l’accertamento della legittimità, ma non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente e senza un eventuale avallo giudiziario che, peraltro, può essergli urgentemente accordato in via cautelare, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli.
E’, pertanto, legittimo - concludono i giudici della Suprema Corte - il licenziamento disposto nei confronti di una lavoratrice che è risultata assente ingiustificata dal lavoro a partire dalla data entro la quale avrebbe dovuto prendere servizio presso la nuova sede di destinazione, alla quale era stata trasferita.