A quasi quindici mesi dalla sentenza della Consulta, che ha ritenuto incostituzionale il blocco dei contratti pubblici che, ormai, si protrae da sette anni, la trattativa per il rinnovo continua a segnare il passo.
I motivi della sconcertante situazione di stallo sono due e ben precisi: l’assoluta carenza di risorse che il governo sembra disposto a mettere sul piatto e il rischio, tutt’altro che campato in aria, che alla fine della partita circa un milione di lavoratori si trovi con una busta paga non solo senza alcun incremento contrattuale ma addirittura alleggerita rispetto a quella odierna.
Se sul primo ostacolo, abbiamo più volte scritto che con gli stanziamenti preannunciati, anche se incrementati di qualche centinaio di milioni, il governo concederebbe aumenti medi mensili non superiori a 20/30 euro lordi; sul secondo, riteniamo di spendere qualche parola in più, visto che al danno (da mancato rinnovo del ccnl per un settennio), andrebbe ad aggiungersi una clamorosa beffa, rappresentata dalla diminuzione dello stipendio mensile.
Infatti, al nuovo contratto le parti dovranno (salvo modifiche legislative che, allo stato, non sembrano essere in calendario) necessariamente applicare le disposizioni contenute nel decreto legislativo 150 del 2009, meglio noto come “Decreto Brunetta”, in particolare, gli articoli 18 e 19.
Se l’articolo 18 vieta esplicitamente “la distribuzione in maniera indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi collegati alla performance in assenza delle verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione adottati ai sensi del presente decreto”, il 19 precisa che “il personale è distribuito in differenti livelli di performance in modo che: a) il venticinque per cento è collocato nella fascia di merito alta, alla quale corrisponde l'attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale; b) il cinquanta per cento è collocato nella fascia di merito intermedia, alla quale corrisponde l'attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale; c) il restante venticinque per cento è collocato nella fascia di merito bassa, alla quale non corrisponde l'attribuzione di alcun trattamento accessorio collegato alla performance individuale.”
Tale normativa prevede che anche ai dirigenti si applichino i medesimi criteri di compilazione della graduatoria e di attribuzione del trattamento accessorio, con riferimento alla retribuzione di risultato.
E’ del tutto evidente, dunque, che - in assenza di modifiche del “Decreto Brunetta”, che il governo ben potrebbe proporre nella imminente legge di bilancio - quando il nuovo contratto del pubblico impiego vedrà la luce, conterrà un’amara sorpresa per diverse centinaia di migliaia di dipendenti, vale a dire una riduzione degli emolumenti mensili.