Alcuni giorni fa ha destato un certo scalpore la notizia del gran numero di morti verificatesi in Italia nel 2015 (54mila in più, rispetto al 2014). Come sempre avviene, tali eventi luttuosi sono stati doviziosamente registrati dall’Istat, che ha descritto e spiegato l’andamento dell’annus horribilis in questo modo: ”Dal punto di vista demografico, il picco di mortalità del 2015 è in parte dovuto a effetti strutturali connessi all’invecchiamento e in parte al posticipo delle morti non avvenute nel biennio 2013-2014, più favorevole per la sopravvivenza”.
Più che perplessi disarmati, ma fortemente determinati a “decifrare” l’interpretazione fornita dai magistrati del dato, abbiamo fatto - come si dice - un giro di telefonate per vederci chiaro, ma tutti, proprio tutti, avevano capito esattamente quel che avevamo inteso anche noi, cioè che una gran quantità di persone che nel 2013-2014 avrebbe dovuto lasciare questa valle di lacrime (in cui, peraltro, piangiamo tutti così bene), aveva preferito (e come darle torto!) posticipare al 2015 la dipartita da questo mondo.
Ormai l’uomo non ha più limiti, visto che sceglie pure quando morire. Stupisce comunque che siano riusciti così in tanti a ottenere il rinvio, un po’ quel che accadeva una volta col servizio militare. Sta di fatto che per un paio d’anni c’è stata in circolazione un sacco di gente che, salvo complicazioni, doveva essere morta. I vivi, insomma, non erano che dei morti in vacanza.
Di questo passo, rischiamo “statistiche” in cui ci racconteranno che i ricchi quando muoiono vanno in Svizzera o che tra i feriti il morto era il più grave. A proposito, visto che ci siamo, suggeriamo di inserire il letto tra i posti più pericolosi del mondo, dato che vi muore l’80% della gente.
Nel merito della statistica, sembra, invece, che niente abbiano avuto da ridire i diretti interessati, cioè gli stessi morti. Non a caso, si ripete spesso che ”la calma è la virtù dei morti”.