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Lunedì, 29 Apr 2024

human technopole logoIl disegno di legge di bilancio, prevede l’istituzione della Fondazione “Human Technopole”. È questo il modo in cui il Governo intende incrementare gli investimenti pubblici e privati nei settori della ricerca finalizzata alla prevenzione e alla salute.

Si tratta di un’infrastruttura scientifica e di ricerca di interesse nazionale, multidisciplinare e integrata nei settori della salute, della genomica, dell’alimentazione e della scienza dei dati e delle decisioni, per la realizzazione del progetto di ricerca scientifica Human Technopole di cui all’articolo 5 del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9 e relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 settembre 2016.

I membri fondatori dell’ente sono il Ministero dell’economia e delle finanze ed il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, ai quali viene attribuita la vigilanza sulla nuova Fondazione.

Il patrimonio della Fondazione sarà costituito da apporti dei Ministeri fondatori e dello Stato, nonché dalle risorse provenienti da soggetti pubblici e privati. Le attività dalla stessa svolte, oltre che con mezzi propri, potranno essere finanziate con contributi di enti pubblici e di privati. Alla Fondazione potranno essere concessi in comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato.

Per lo svolgimento dei propri compiti la Fondazione potrà avvalersi di personale, anche di livello dirigenziale, all’uopo messo a disposizione su richiesta della stessa e secondo le norme previste dai rispettivi ordinamenti, da enti e da altri soggetti individuati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La Fondazione, inoltre, potrà avvalersi della collaborazione di esperti e di società di consulenza nazionali ed estere, ovvero di università e di istituti universitari e di ricerca.

Per la costituzione della Fondazione e per la realizzazione del progetto Human technopole è prevista la spesa di 10 milioni di euro per il 2017, di 114,3 milioni di euro per il 2018, di 136,5 milioni di euro per il 2019, di 112,1 milioni di euro per il 2020, di 122,1 milioni di euro per il 2021, di 133,6 milioni di euro per il 2022 e di 140,3 milioni di euro a decorrere dal 2023. In totale di 768,9 milioni, nei prossimi 7 anni.

In sintesi, il Governo si appresta a varare una grande corazzata che dovrebbe sfondare la concorrenza nella ricerca biomedica. Purtroppo, per fare ciò, fa abdicare la pubblica amministrazione dal ruolo di protagonista della ricerca scientifica, avviando, di fatto, la privatizzazione dell’intero settore.

E, infatti, nonostante la qualità pubblica dei fondatori, la Fondazione è un ente di diritto privato, peraltro sottratto alla normativa vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

Tra i primi a farne le spese vi sarebbe il Consiglio Nazionale delle Ricerche e, in particolare, il suo dipartimento di scienze biomediche, che potrebbe vedere azzerato il già risicato trasferimento statale per le proprie attività di ricerca, con la conseguente fuga dei migliori cervelli verso la costituenda Fondazione.

Rimarrebbe all’ente di piazzale Aldo Moro, quindi, solo la bad company della ricerca biomedica italiana!

Il Cnr, del resto, non può dirsi del tutto esente da colpe. Infatti, se nel periodo 2004-2007 le attività di ricerca dell’ente nel settore biomedico venivano valutate positivamente da una commissione internazionale composta da 150 esperti - con punte di eccellenza nel settore delle neuroscienze - nello scorso febbraio 2016 era l’uscente direttore del dipartimento di Scienze Biomediche (Dsb), Tullio Pozzan, a certificare il quadro desolante del Dsb e di alcune sue ex eccellenze.

A detta di Pozzan, infatti, oltre il 30% degli Istituti di ricerca del settore biomedico presentano importanti criticità, mentre altri sono, comunque, in difficoltà. Quanto sopra è contenuto nella relazione presentata il 3 febbraio scorso dallo stesso Pozzan al Consiglio di Amministrazione.

L’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia, nato nel 2010 dalla fusione di gruppi di ricerca dell'Inmm, dell'Ibc e dell'In, viene identificato come uno degli Istituti del dipartimento “con maggiori problemi” la cui “valutazione del panel è piuttosto negativa”.

Nella relazione si legge che l’Istituto di Biomedicina e di Immunologia Molecolare "Alberto Monroy" (Ibim), valutato nel periodo 2004-2007 con un punteggio di 74/100, è “un altro degli istituti con grossi problemi di produttività. Chiaramente il suggerimento del panel (chiusura dell’istituto) non è praticabile”.

Per l’Istituto di Fisiologia Clinica (Ifc), le considerazioni non lasciano dubbi: “di fatto l’eccellenza di questo istituto è significativamente calata negli ultimi anni anche a causa di importanti modifiche della struttura stessa dell’Istituto (passaggio dell’attività clinica alla fondazione Monasterio, direzione passata abbastanza discutibile e recenti episodi di cattiva amministrazione)”. L’Ifc, nel periodo 2004-2007, quando l’attività clinica era totalmente Cnr, totalizzava un punteggio di 71/100.

Per l’Istituto di Farmacologia Traslazionale (Ift), nato nel 2010 dalla fusione di gruppi di ricerca dell'Itoi, dell'Inmm e dell'Itb, la relazione di Pozzan evidenzia che “complessivamente il giudizio del panel su questo istituto è alquanto critico e lo score è il più basso di tutto il Dsb”.

L’Istituto di Scienze Neurologiche (Isn) per Pozzan è il “quarto istituto del Dsb con grossi problemi”, dove la “componente più brillante e produttiva si è staccata circa due anni fa”, mentre “gravemente critica appare invece la situazione della componente di Mangone, cui sono mancati i punti di riferimento scientifico”. L’Isn nel periodo 2004-2007 totalizzava un punteggio di 83/100, secondo assoluto nelle neuroscienze, mentre oggi sembra essere tutta un’altra realtà.

Non meno interessanti sono le considerazioni espresse per altri Istituti del dipartimento, per i quali, come si legge nella predetta relazione, si sottolineano varie criticità.

Per l’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare (Ibfm), “nelle pubblicazioni presentate solo una parte (meno della metà) vedono un ricercatore di IBFM come autore responsabile”. L’Istituto di Biologia e Patologia Molecolare (Ibpm), che per le attività 2004-2007 totalizzava un punteggio di 80/100, “nasconde problemi importanti”. L’Istituto per Endocrinologia e Oncologia "Gaetano Salvatore" (Ieos), che per le attività 2004-2007 totalizzava un punteggio di 86,5/100, è definito “Istituto di grande tradizione e prestigio che nell’ ultimo paio d’anni ha avuto seri problemi interni”. L’Istituto di Tecnologie Biomediche (Itb), che per le attività 2004-2007 totalizzava un punteggio di 80/100, “le criticità, come per altri istituti, appare l’eccessiva numerosità delle tematiche”.

Il direttore Pozzan promuove a pieni voti solo l’Istituto di neuroscienze (In) del quale scrive che “è l’istituto con il più alto score del Dsb secondo questo panel; questa valutazione coincide con quella della precedente valutazione CNR (2009) (l’IN era l’istituto con la valutazione più alta in campo biomedico) e con quella della commissione interna al Dsb da me costituita (vedi sopra). Ovviamente conosco pregi e difetti di questo istituto dall’interno per averci lavorato per molti anni e diretto per 4 anni”.

Sembrerebbe evidente che la creazione di dipartimenti scientifici ai quali gli istituti di ricerca sono gerarchicamente subordinati, innovazione organizzativa introdotta nel 2006, non ha avuto nel Cnr gli effetti desiderati.

Certamente in negativo è il bilancio degli ultimi 10 anni nel dipartimento di scienze biomediche (diretto, nel periodo 2006/2012, da Gianluigi Condorelli e, dal 2012 a tutt’oggi, da Tullio Pozzan), almeno stando al quadro tratteggiato dallo stesso direttore Pozzan.

Il susseguirsi di riorganizzazioni e l’introduzione di inefficienti meccanismi di funzionamento sembrerebbero avere tramortito molte attività di ricerca del Cnr, ridotto la dinamicità dei ricercatori e, contestualmente, aver fatto perdere competitività all’Ente.

Oggi il “malato” Cnr, però, potrebbe essere preda di “dottori” e manager pronti a somministrare l’innovativa medicina “privatizzante”.

Se la logica che si andrà affermando sarà quella di demandare a Fondazioni ed altri soggetti privati i settori della ricerca italiana, il Cnr, nel tempo, potrebbe perdere altri pezzi e la stessa sorte che si preconizza per il dipartimento di scienze biomediche, potrebbe interessare gli altri dipartimenti dell’ente oggi presieduto da Massimo Inguscio.

Del resto non è un mistero che l’attuale classe politica dirigente, ipotizzando risparmi di spesa per talune delle funzioni statali più nobili (ricerca, sanità, istruzione), negli anni ha cercato di dirottare risorse destinate a tali funzioni, a volte addirittura incrementandole, in favore di iniziative private di illustri quanto fantasiosi capitani coraggiosi di turno.

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