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Mercoledì, 24 Apr 2024

La depressione colpisce nel mondo 121 milioni di persone. Nella forma più grave può portare al suicidio ed è responsabile di 850.000 morti ogni anno. Il 15 per cento dei soggetti che vivono nei paesi ricchi ha probabilmente sofferto di depressione nella vita, contro l'11 per cento degli abitanti dei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo.

I possibili esiti della depressione possono essere molto gravi, comportando un notevole deterioramento del funzionamento psicosociale, fino ad arrivare, come già detto, al suicidio (tra i pazienti depressi, la probabilità di suicidio è del 15% circa).

In Italia almeno 1,5 milioni di persone ha sofferto di depressione mentre il 10% della popolazione, cioè circa 6 milioni di persone, hanno sofferto almeno una volta, nel corso della loro vita, di un episodio depressivo.

Secondo le previsioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’anno 2020 la depressione sarà la seconda causa di invalidità tra le malattie croniche, dopo le malattie cardiovascolari, in tutto il mondo, Italia compresa.

Per saperne di più, abbiamo posto alcune domande al prof. Giulio Fiorenza, neurologo, già direttore della Struttura Complessa di Neurologia dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria.

Professor Fiorenza, cos’è la “depressione”?

La depressione è una condizione psicopatologica, talvolta molto grave, che colpisce gli aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali della vita delle persone che ne sono affette. Essa è caratterizzata da sintomi psichici come profondo senso di tristezza, incapacità di provare piacere e interessi, disperazione e senso di inettitudine personale, oltre a sentimenti di colpa e autosvalutazione, disturbi della memoria e della concentrazione e idee suicide; accanto a questi si presentano anche sintomi fisici, come senso di debolezza generalizzata, rallentamento o agitazione psicomotoria, alterazioni del ritmo circadiano e del ciclo sonno-veglia, disturbi dell'appetito e della sfera sessuale.

Quali sono le possibili cause della depressione?

La genesi della depressione è stata nel corso degli studi attribuita a diverse cause, di ordine psicologico, biologico e sociale. Attualmente, la tendenza dei ricercatori è quella di considerarla una malattia a genesi multifattoriale: cosiddetto “modello bio-psico-sociale”.

Secondo questo modello, la depressione è la risultante dell'interazione di almeno tre fattori determinanti: chimico-biologici, psico-sociali, eredo-familiari.
In altri termini, si ritiene oggi che alcune persone abbiano una predisposizione congenita o acquisita (deficit di neurotrasmettitori, alterazioni ormonali) che le rende più vulnerabili nel caso di eventi negativi di perdita (lutto familiare, divorzio, separazioni, licenziamento).

Sono considerati come fattori di rischio: il sesso femminile, l'età avanzata, le concomitanti patologie cronico-degenerative, una dipendenza da sostanze psicotrope soggette ad abuso, la mancanza di supporti sociali adeguati.

L’insorgenza di questa patologia ha correlati anatomici visibili agli esami strumentali?

Le tecniche di neuroimaging forniscono, al momento attuale, uno strumento prezioso al fine di individuare le strutture cerebrali coinvolte nella depressione (come anche in altre patologie psichiatriche) e di valutarne, in vivo, l'evoluzione nelle diverse fasi del decorso e in relazione ai diversi trattamenti psicofarmacologici e psicoterapeutici impiegati. Ciò ha permesso anche alla psichiatria, ovvero a una branca della medicina che è stata a lungo considerata priva di basi organiche dimostrabili, di convalidare alcune delle proprie ipotesi eziopatogenetiche mediante la metodologia della moderna EBM (Evidence-based medicine).

Dati significativi sono stati ottenuti con l'impiego della tomografia a emissione di positroni (PET), della tomografia computerizzata a emissione di singolo fotone (SPECT) e della risonanza magnetica nucleare funzionale (fRMN). Gli studi più recenti sono stati condotti sia sul metabolismo cerebrale sia sulla funzionalità neurorecettoriale, con l'obiettivo di identificare le aree potenzialmente compromesse in modo specifico durante la malattia.

La maggior parte di queste ricerche ha evidenziato anomalie nelle strutture cerebrali (corteccia prefrontale, cingolo, lobo temporale, gangli della base, talamo e amigdala).Tali aree risultano coinvolte nella patologia depressiva mediante un aumento relativo del metabolismo, che si riduce in maniera consistente dopo il trattamento e la risoluzione sintomatologica.

E la depressione nell’anziano?

Sebbene i tassi di depressione nelle donne e negli uomini siano più alti nei soggetti di età compresa tra 25-44 anni, l'incidenza di sintomi depressivi clinicamente significativi aumenta con l'avanzare dell'età, soprattutto se associati a malattia cronica o istituzionalizzazione.

Studi recenti hanno segnalato che la depressione a esordio tardivo  si associa a declino cognitivo accelerato e, se in comorbidità a diabete,  aumenta il rischio di demenza di circa 2 volte rispetto al diabete da solo.

Quanto sono efficaci i farmaci antidepressivi?

Gli antidepressivi costituiscono il trattamento più conosciuto e diffuso tra gli operatori sanitari. Da oltre 50 anni sono disponibili diversi trattamenti farmacologici efficaci:  antidepressivi triciclici (TCA),   inibitori delle monoamineossidasi (IMAO),  inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI),  inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina (SNRI). In generale, gli SSRI e gli SNRI danno meno effetti collaterali indesiderati dei TCA e degli IMAO.

Tuttavia, nonostante i notevoli progressi, la terapia farmacologia della depressione non ha ancora identificato il farmaco ottimale, cioè un antidepressivo caratterizzato da  ampio spettro di attività sui diversi sintomi depressivi e da un buon profilo di tollerabilità e sicurezza.

Nei diversi studi, gli antidepressivi sono risultati maggiormente efficaci rispetto al placebo e non sono emerse differenze significative di efficacia tra le varie classi di antidepressivo, né tra i vari composti all’interno della stessa classe. In particolare, gli studi di controllo sugli esiti dimostrano che dal 20 al 50% circa di soggetti che soffrono di un episodio acuto di depressione risponde positivamente al trattamento con qualsiasi farmaco antidepressivo.

Queste percentuali diminuiscono però se si tiene conto del ruolo importante svolto nel decorso della depressione dalla remissione spontanea e dai fattori aspecifici del trattamento, come, per es., il rapporto con un professionista. Infatti, risulta che circa il 30% dei pazienti depressi risponde al solo placebo. Si può considerare perciò che solo il 40% dei pazienti che migliora al trattamento farmacologico, sembra veramente rispondere agli effetti biologici degli antidepressivi.

Non solo farmaci nella cura della depressione?

Tra i trattamenti non farmacologici efficaci nella cura di questi disturbi, un ruolo fondamentale riveste la psicoterapia (terapia cognitivo-comportamentale, psicoterapia interpersonale, terapia comportamentale), utilizzata da sola o in combinazione con i farmaci. L'approccio combinato fornisce in alcuni pazienti una risposta più veloce e  prolungata.

Quanto è importante il rapporto tra medico e paziente?

Affermare che l`elemento centrale del trattamento della depressione non è la sola prescrizione dei farmaci non vuole costituire un attacco ingiustificato alle teorie biologiche imperanti in psichiatria, né un ridimensionamento dell’essenzialità (se non dell’insostituibilità) dei farmaci nel trattamento di questa patologia, e neppure l’importanza dell’associazione di farmaci e psicoterapia.

Significa semplicemente sottolineare che alla base di un trattamento della depressione correttamente prescritto e condotto si trova sempre e comunque la costruzione di un solido e fattivo rapporto medico/paziente.

Gli elementi essenziali di un legame efficace sono la possibilità del paziente di aprirsi liberamente senza sentirsi giudicato, la libertà di esprimere le proprie paure e le proprie preoccupazioni, la sensazione di sentirsi compreso e di sentire comprese le proprie esigenze, l’offerta di attenzione e tempo da parte del medico e di un ascolto partecipe e attivo, la sua disponibilità a dare spiegazioni. Inoltre, il fatto che il curante riesca a focalizzare la propria attenzione sulla persona che soffre non consente solo una valutazione della malattia, ma soprattutto un’analisi particolareggiata dei vissuti del paziente e di come egli si dispone al cospetto della patologia e reagisce.

Che cosa si intende per psicosi maniaco-depressiva?

La psicosi maniaco-depressiva, oggi si preferisce il termine di “disturbo bipolare”, è caratterizzata dalla successione più o meno regolare di episodi con modificazione patologica dell’affettività nel senso dell’esaltazione dell’umore (episodio maniacale), della depressione (episodio depressivo), o della presenza simultanea delle due fasi (episodio misto).

Le fasi depressive possono risultare talmente gravi da portare al suicidio o ad atti autolesionistici.

La prevalenza nella popolazione generale, uguale nei due sessi, è alta (tra il 3 e il 5%). Le cause ipotizzate per il disturbo bipolare comprendono fattori biologici, genetici e ambientali i quali interagiscono determinando uno squilibrio dei neurotrasmettitori a favore della trasmissione eccitatoria (episodi a carattere ipomaniacale o maniacale) o inibitoria (episodi a carattere depressivo).

Una volta che il disturbo si è instaurato, gli episodi di entrambe le polarità tendono a presentare ricorrenze, sia spontanee, sia in relazione a vari stress psicologici e ai ritmi biologici.

Nelle linee guida internazionali, il farmaco di prima scelta è rappresentato dai sali di litio e, in generale, dai farmaci stabilizzatori dell’umore (per es., il valproato di sodio), che riducono l’intensità e la frequenza delle crisi sia maniacali sia depressive. Il litio è anche efficace nel ridurre il rischio di suicidio che è molto alto nei pazienti con disturbo bipolare. Nelle fasi maniacali e depressive accompagnate da sintomi psicotici si associano farmaci antipsicotici, sia neurolettici (aloperidolo) che atipici (olanzapina). La mania con grave agitazione è un’emergenza psichiatrica e richiede l’ospedalizzazione.

sonia topazio ridottaQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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