Giornale on-line fondato nel 2004

Venerdì, 29 Mar 2024

referendum noLa scelta che andremo a fare domenica prossima è sul genere di paese che vogliamo, ovvero, se vogliamo vivere in un paese democratico e solidale, con pesi e contrappesi per ogni potere, oppure, se vogliamo vivere, secondo le indicazioni dettate dalla finanza internazionale, in un paese oligarchico.

Indicazioni che vengono ribadite ogni giorno sotto forma di allarmismo economico: “Se vince il No ci saranno forti perturbazioni nei mercati”. Indicazioni che arrivano proprio da chi ha prodotto, a detta degli ultimi studi, la più grande crisi economica di sempre. Crisi i cui costi sono stati pagati, in assenza di una seria regolamentazione del mercato finanziario, dai più deboli, come dimostrano le vicende delle nostre banche che sono solo all'inizio, a prescindere dall'esito del referendum.

La prova provata che le cose stanno così è negli endorsement arrivati a sostegno della riforma Renzi-Boschi da JP Morgan, Confindustria, Coldiretti e altri. Per non parlare della Troika - Fmi, Commissione europea, Bce (che si è limitata a parlare di possibili turbolenze e di “debito italiano sostenibile ma vulnerabile a shock”) - che ha già non poche responsabilità sulla salute delle democrazie europee e sul rispetto dei diritti sociali dei cittadini. Da ultimo, si sono espressi per il Sì, l'Ocse e il ministro delle finanze tedesco e teorico dell'austerity, Wolfgang Schäuble.

La riforma sulla quale si va a votare non è che la ciliegina sulla torta, arriva dopo una serie di “riforme” chieste proprio da quei centri di potere. Riforme che hanno demolito diritti conquistati in anni e anni di lotte dei lavoratori e dei cittadini.

Il premier continua a ripetere come un mantra che la riforma “non tocca la prima parte della Costituzione”. Falso. Andiamo a vedere, punto per punto, perché.

Per i Costituenti, i diritti dei lavoratori, la dignità nel lavoro erano un principio fondante della Repubblica, come dimostrano una serie di articoli della nostra Costituzione: Art. 1 ”L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione”. Art. 3 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Art. 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Art. 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. Art 37 “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”. Art 38 “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.

Vi sembra che dopo il Job Act e la legge Fornero le cose stiano ancora così? Non si direbbe proprio. Chiunque può essere licenziato in ogni momento. Il lavoro non è più un diritto della persona ma merce. Si va in pensione quando ormai si è molto vecchi, mentre per i giovani ci sono solo precariato e voucher. Dove sono finiti dignità e pari opportunità? Quale futuro c'è per le giovani generazioni?

Che si voglia un governo forte, lo dimostra anche la demolizione di quel federalismo in passato imposto dal centro-sinistra, con un altro referendum. Se l'art. 5 della Carta afferma “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”. Con la riscrittura degli artt. 117, 118, 119 e 120, di fatto, tutte le funzioni degli enti locali vengono riaccentrate, viene introdotta la clausola della “supremazia” statale in base alla quale, in caso di un supremo interesse nazionale, lo Stato subentra anche nelle materie che sono di esclusiva competenza regionale.

E con la riforma Madia, giustamente bocciata dalla Corte Costituzionale, i servizi pubblici erogati dagli enti locali sarebbero praticamente spariti, ufficialmente per tutelare i cittadini, in realtà, per tutelare quanti da anni non aspettano altro che spartirsi una sostanziosa fetta del mercato italiano dell'energia, dei trasporti e dell'acqua, in barba a quanto espresso dai cittadini in sede referendaria, nel 2013.

Il caterpillar della Renzi Boschi passa anche sull'art. 9 “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” e sull'art. 33 “l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento” articoli di fatto cancellati dalla riforma.

Quale libertà ci potrà essere se tutto dipenderà dallo Stato centrale o, meglio, dal governo? Un assaggio di quanto accadrà con la Renzi-Boschi l'abbiamo già avuto con la “Buonascuola”, con lo smantellamento di fatto delle sovrintendenze, avvenuto con la “riforma” Franceschini e, da ultimo, con le cattedre Natta e il Tecnopolo.

E poi, quali pari opportunità di accesso all'istruzione sono state garantite da questo governo?

Persino il rifiuto della guerra, dettato dall'art. 11 “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, viene sminuito dal nuovo art.78 che diventa “La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari”. Quindi, la sola Camera dei nominati dal "capo" decide, neppure con una maggioranza qualificata, se il paese va in guerra.

D'altra parte, in un paese che spende ogni giorno 62 milioni in armamenti, la vocazione pacifista è stata archiviata da un pezzo.

E dopo questa campagna referendaria che ne è della pluralità dell'informazione, della par condicio dell'art. 21 in base al quale ”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”?

Tutti i più grandi organi di informazione e le televisioni hanno dato prevalentemente spazio al premier.

Quel poco di tempo concesso ai sostenitori del No è stato riservato esclusivamente, o quasi, a personaggi tanto screditati da fare il gioco dei cosiddetti “nuovi costituenti”.

Nessuno spazio, con l'eccezione de La7, per i costituzionalisti schierati per il No, che avrebbero potuto illustrare con competenza e onestà intellettuale la pericolosità della riforma.

Ma quel tipo di comunicazione serviva evidentemente al premier per parlare di "accozzaglia per il No".

D'altra parte, sul piatto c'è la nuova spartizione degli spazi pubblicitari, una torta di 60-100 milioni da redistribuire.

Si è lasciata fare la più totale disinformazione sulla riforma voluta da un governo e una maggioranza che non hanno il coraggio delle proprie azioni, almeno chi ci aveva provato – senza successo – in passato aveva avuto il coraggio di dire apertamente che voleva un premier forte ed eletto dal popolo.

Ad esempio, si è spacciato che gli italiani avranno più strumenti a disposizione per far sentire la propria voce. Oggi l'art. 50 della Costituzione dice “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità” e l'art. 71, co 2 “il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”. Con la riforma saranno necessari 150mila cittadini, il triplo di quelli attuali.

Si dice che (nuovo art. 71) “la discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte ... sono garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari”. Peccato però che quei regolamenti parlamentari dovranno essere scritti.

Si dice poi che saranno possibili referendum propositivi. Che la via per accedere ai referendum sarà più facile. Anche questo è falso.

Resta la normativa attuale (500mila sottoscrittori e quorum, con il voto della metà più uno del corpo elettorale) ma, nel caso in cui si raccolgano ben 800mila firme a favore, il quorum sarà raggiunto con la metà più uno dei votanti alle ultime elezioni.

E molti altri sono i diritti già cancellati a suon di leggi, soprattutto finanziarie.

Pensate al diritto alla salute. C'è ancora con una sanità pubblica, anche se ad essa si destinano sempre meno risorse, a fronte di una sanità privata sempre più grassa e strumento di contrattazione elettorale, come ci ha ricordato nei giorni scorsi, con la sua proverbiale eleganza linguistica, il ben noto presidente della Campania: “Il 25% della nostra sanità è in mano ai privati ... sono voti!”.

Vale ancora l'art 53 Cost. che recita “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, se ogni legge finanziaria prevede un condono fiscale e sgravi contributivi per i ricchi evasori?

C'è ancora equità se, da un lato si chiudono gli occhi su 1.128 miliardi di evasione accumulati, mentre, dall'altro, oltre 3 milioni di dipendenti pubblici da 7 anni aspettano un contratto?

Che si tratti di una riforma antidemocratica, lo dimostra il fatto che con essa si avvia la cancellazione della “sovranità popolare”, dal momento che progressivamente non voteremo più per gli organismi di governo. Se ieri erano i consigli provinciali, domani sarà il Senato, dopodomani, chissà, magari la Camera dei Deputati, che, comunque con l’Italicum sarà la Camera dei nominati dai partiti.

Si tratta Organismi che, si dice al popolo bue, vengono cancellati per ridurre i costi della “casta”, per semplificare e accelerare i procedimenti legislativi. Falso.

Al posto dei disciolti Consigli provinciali ci sono i Consigli delle aree vaste, i cui componenti vengono eletti dai consiglieri comunali. Il nuovo Senato, invece, sarà eletto dai Consigli regionali. Questa sì che sarà la vera casta! E non dimentichiamo che consiglieri e sindaci con la nomina a senatori acquisteranno l'immunità parlamentare. Considerato che, “al momento, ci sono 521 consiglieri indagati e oltre 300 imputati e decine di condannati rimasti ad occupare lo scranno” (da Perché No Marco, di Travaglio e Silvia Truzzi), il Senato per tutti questi potrebbe essere la via della salvezza.

Dicono che verranno eletti. Falso, il nuovo art. 57 è contraddittorio.

Dicono che con il nuovo Senato ci sarà più stabilità. Falso, ad ogni tornata elettorale cambiano le maggioranze elette e così si può avere un Senato di diverso colore dalla Camera. Sarebbe la paralisi.

Dicono che il nuovo Senato rappresenterà le autonomie locali. Falso, esso è escluso da una serie di materie attualmente di competenza regionale. E poi che c'entrano i senatori a vita con i territori?

Col nuovo Senato risparmiano 540 milioni. Falso, sono circa 30: mezzo caffè l'anno a italiano!

Dicono che occorre velocizzare l’iter legislativo. Con la riforma, si avranno dieci diversi procedimenti e sono 22 le materie di legge che restano bicamerali.

Due Camere servono ad esaminare contemporaneamente più proposte di legge, oggi il tempo medio di approvazione di una legge è di 112 giorni, ma vi sono state leggi approvate anche in 13 giorni come quella che ha istituito il bail-in.

Ci dicono che i poteri del Presidente del Consiglio non cambiano. Falso.

Con la nuova legge elettorale, l'Italicum (votata ponendo in più fasi la fiducia, come non accadeva dalla legge Acerbo, ai tempi del fascismo, e dalla “legge truffa”, negli anni '50), il partito di maggioranza relativa conquista 340 seggi su 630 se ottiene almeno il 40% dei voti, oppure se vince il ballottaggio, a cui accede senza una soglia minima.

Persino con la legge Acerbo, per conquistare la maggioranza, occorreva una soglia minima del 25%.

Ogni lista designa il proprio “capo” politico, colui che eserciterà le funzioni di Presidente del Consiglio, in barba al dettato dell'art. 92, co. 2, Cost. che attribuisce al Presidente della Repubblica il potere di nominare il primo ministro.

Insomma, diventiamo un premierato assoluto senza modificare la Costituzione.

L'ultimo “Capo del Governo” che abbiamo avuto è stato Mussolini e sappiamo come è finita.

Il “capo politico” (segretario) di ogni partito designa i capilista, che saranno comunque eletti e che potranno candidarsi in 10 collegi. Si calcola che con questa legge il 60-70% degli eletti saranno dei nominati succubi del “capo”, che detterà tempi e modi dell'agenda parlamentare.

Ma non basta, con una maggioranza siffatta, il “capo” può far eleggere a suo piacimento un Presidente della Repubblica, un terzo dei membri del Csm, gran parte dei membri della Consulta, dichiarare guerra. E, come premier, designa i vertici delle più grandi aziende pubbliche e delle Autorithy. Insomma, ha nella sua disponibilità tutta la classe dirigente del Paese.

Come ha scritto Zagrebelsky, “l'Italicum è incompatibile con tutta la Parte I della Costituzione”. Così come sarebbe incostituzionale l'iniziativa attuale del governo di proporre un ddl di revisione costituzionale e sottoporlo a referendum.

Nei regimi autoritari, il Caudillo sottopone a plebiscito una nuova Costituzione per rafforzare i propri poteri e non la democrazia.

Domenica dobbiamo scegliere se lasciare ai nostri figli un paese democratico o un paese con un uomo solo al comando.

Forse è opportuna una seria riflessione!

P.S.

Dopo aver finito di scrivere l'articolo, ho ritirato la posta e tra varie bollette vi erano anche due buste bianche, formato mezzo foglio, indirizzate una a me e l'altra a mia figlia. Incuriosita, ho aperto la mia: conteneva un dépliant pubblicitario, degno di miglior sorte, del Comitato nazionale basta un sì che, presumo, in queste ore stia intasando le cassette postali della penisola. Ciò che mi ha colpito è stata l'assenza sulle buste del mittente: evidentemente, hanno il fondato motivo di essere immediatamente destinati al ... macero!

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

empty alt

Grottole, luogo magico, nuvole trasparenti, valli e colline e calanchi

Verso Grottole, dalla fertile piana condivisa con Grassano, mi inerpico per 7 km. Il biondo...
empty alt

Lotta all’inflazione più efficace con banche centrali più indipendenti dai governi

Chi tende a sottovalutare quanto la psicologia pesi nei processi inflazionistici si sorprenderà a...
empty alt

Alla ricercatrice Cristina Mangia il Premio “Wangari Maathai. Donne Pace Ambiente” 2024

Sono molto emozionata nel comunicare che l’amica carissima Cristina Mangia - ricercatrice...
empty alt

“L’orizzonte della notte”, una riflessione etica sulla professione forense

L’orizzonte della notte, di Gianrico Carofiglio – Einaudi editore – 2024, pp. 280, euro 18,50....
empty alt

UniTo, nuova strategia terapeutica per la cura del neuroblastoma infantile

Il neuroblastoma rappresenta una sfida complessa per la pediatria oncologica, il tasso di...
empty alt

“How to Have Sex”, il potente esordio di Molly Manning Walker

How to Have Sex, regia di Molly Manning Walker, con Mia McKenna-Bruce, Lara Peake, Samuel...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top