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Giovedì, 25 Apr 2024

Ieri, 4 dicembre 2016, l’esito della consultazione referendaria ha rappresentato la vittoria della democrazia e la conseguente, inevitabile, rovinosa uscita di scena di Matteo Renzi, travolto da un fiume di No.

Hanno vinto gli italiani e nessuno provi ad intestarsi la vittoria, né Forza Italia, né la Lega, che avevano provato in precedenza a fare lo stesso colpo di mano. Ma non hanno vinto neppure il Movimento Cinque Stelle, Sinistra Italiana e tutti gli altri partiti che erano per il No.

Certamente, hanno vinto i costituzionalisti e le tante realtà associative, come l'Anpi, che si sono mobilitate dalla prima ora contro il tentativo di smantellamento della Carta Fondamentale e che non hanno potuto avere quasi nessuno spazio sui mezzi di informazione.

Ha perso, su tutti, Napolitano, il vero autore di questa “riforma”, il primo presidente eletto due volte, il primo presidente che anziché fare il guardiano della Carta costituzionale ne ha voluto, di fatto, il suo stravolgimento.

Ma con Napolitano hanno perso tutti i poteri forti dell'economia italiana e mondiale, che da anni vogliono un premierato forte e la cancellazione delle democrazie parlamentari nate nel dopoguerra, alla caduta di regimi autoritari. Hanno dato sostegno prima all’ascesa di Berlusconi, poi hanno caldeggiato fortemente quella del senatore a vita, Mario Monti e, da ultimo, quella del mai eletto Renzi.

Ha perso il complesso dell'informazione italiana dalle radio, alle televisioni, ai giornali, che ha dato voce solo al presidente del consiglio e ai suoi sodali e, per il No, in gran parte a personaggi assolutamente screditati, se non altro perché dieci anni prima avevano proposto una riforma in tutto analoga, se non uguale, a quella di Renzi & co. E, su tutti, ha perso la Rai. che ha fatto un'informazione a senso unico h24.

Uniche eccezioni nel panorama dell'informazione, tra le televisioni, seppur con molto equilibrio, La7, e, tra i quotidiani, Il Fatto Quotidiano, il cui direttore, Marco Travaglio, ha fatto opera di informazione girando l'Italia in lungo e largo. A questi ultimi, in particolare, deve andare un grazie davvero immenso da parte di quanti hanno a cuore le sorti della nostra democrazia.

Gli italiani hanno detto No, non solo al tentativo di fare un colpo di mano, col quale ci avrebbero portato a un presidenzialismo assoluto. Hanno detto No a tutte le controriforme approvate in questi anni: dalla legge Fornero alla Buonascuola, dal Job Act all'Italicum e a molti altri provvedimenti scellerati, fondati sul sistema delle elemosine ai più deboli e dei finanziamenti miliardari per i potenti, sul sistema delle clientele, eletto a motore dell'economia e della politica, con personaggi del calibro del Presidente della regione Campania, De Luca.

Certo, resta tanta amarezza per come si è svolta questa campagna elettorale che ha spaccato il paese, e ha sollevato tanti interrogativi. Uno su tutti: chi pagherà i costi di una finanziaria pensata per accaparrarsi i voti degli italiani?

Ora è necessario ripartire dal sistema elettorale, perciò nessuno pensi di andare al voto con l'Italicum, un sistema ideato per una deriva autoritaria, per consentire ad una forza politica minoritaria di diventare artificiosamente maggioritaria, in spregio dei principi più elementari della democrazia.

L’insegnamento che la classe politica tutta deve trarre dalla severa lezione ricevuta ieri dagli italiani è che occorre tornare ad un sistema realmente democratico, che non può che essere quello proporzionale, che rispetti e tenga conto di tutte le anime presenti nel paese, seppure con una ragionevole soglia di accesso.

Qualcuno dirà: così si tornerebbe alle coalizioni. Ma perché con il Mattarellum e con il Porcellum non ne abbiamo avute?

Si facciano, dunque, subito le leggi elettorali per Camera e Senato e si taglino consistentemente i compensi a deputati, senatori e consiglieri regionali – solo così gli eletti potranno immedesimarsi con la maggioranza dei cittadini – e poi si vada al voto al più presto.

A nessuno, d’ora in poi, venga più in mente di stravolgere la nostra Costituzione e, se proprio è necessario, si faccia qualche aggiustamento, purché sia largamente condiviso dagli eletti dal popolo sovrano e non dai nominati dai partiti.

E, soprattutto, una volta per tutte, si rispetti il voto di un popolo che, mai con questa volta, ha dimostrato di voler essere protagonista e non semplice spettatore passivo della vita politica del paese.

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