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Giovedì, 28 Mar 2024

Loro di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio, Roberto De Francesco, Dario Cantarelli, Anna Bonaiuto, Giovanni Esposito, Ugo Pagliai, Michela Cescon, Roberto Herlitzka, durata 104’ e 100’, nelle sale dal 24 aprile (episodio 1) e dal 10 maggio (episodio 2), distribuito da Universal Pictures.

 N.B. Nonostante la divisione in due episodi (scelta più commerciale che artistica) abbiamo deciso di pubblicare comunque un’unica recensione del dittico Loro di Paolo Sorrentino, valutando l’opera nella sua interezza. Consigliamo quindi ai lettori, per quanto sia loro possibile (disponibilità permettendo) di guardare e considerare, come abbiamo fatto noi, i film come un’unica pellicola.

Recensione di Luca Marchetti

Sorrentino, tra esperimenti internazionali e storie italiane dal sapore di cinema socio-politico anni settanta, nella sua carriera audace non poteva non raccontare l’epopea di un arcitaliano, dell’uomo che, da solo, ha governato e rappresentato il nostro popolo, in tutti i suoi deliri di onnipotenza e vizi umani: Silvio Berlusconi.

Progetto accantonato e poi resuscitato, Loro è un’opera che riprende temi e atmosfere degli ultimi due film italiani di Sorrentino, in una trilogia concettuale che, più che un trattato di Storia Contemporanea (alla Rossellini o alla Rosi), diventa lo studio antropologico su una società degenerata ed eccitata.

L’Italia raccontata in Loro, sin dalle prime scene, è rappresentata dalla coppia Sergio - Tamara, così accecata dal desiderio di contare qualcosa e di diventare qualcuno, da essere il ritratto assurdo ma perfetto di un popolo rimasto incatenato nell’incantesimo Berlusconi.

Spudorati nella loro fame chimica, la coppia (meravigliosi Riccardo Scamarcio e Euridice Axen) è la protagonista, con il Circo Barnum che la accompagna, in feste e in salotti non troppo dissimili da quelli intravisti ne Il Divo e ne La Grande Bellezza, in un infinito sabba stupefacente, orchestrato solo per evocare la loro divinità pagana, il loro signore, Lui. Silvio è evocato, citato, temuto, sognato in una spasmodica attesa messianica per ammirare i suoi miracoli, i suoi poteri taumaturgici e le sue doti alchemiche.

La prima parte di Loro, dunque, non è altro che la vigilia di un’epifania, la rincorsa sorda e demente di chi, consapevole di essere “il meglio dell’Italia che ama”, aspetta il gesto di Dio per ottenere un appalto redditizio, un seggio in parlamento o solo un posto migliore al tavolo.

Quando finalmente Lui appare, Sorrentino, con grande sorpresa, ce lo mostra imprigionato in un auto-esilio dorato nella sua straordinaria villa sarda. Dunque, Il Berlusconi che vediamo, e cominciamo lentamente a scoprire è, allo stesso tempo, lontano anni luce e incredibilmente vicino a quello che conosciamo.

loro 2

Il regista, come già fatto con il suo Andreotti, racconta il Simbolo attraverso l’Uomo, stracciando maschere, giudizi e preconcetti. Le accuse che vengono rovesciate sul personaggio, dai meri difetti personali e all’infamia della Mafia, non hanno lo scopo della morale politica, piuttosto sembrano le litanie superficiali di chi, pur avendone le possibilità, non riesce a svelare il Mistero Berlusconi. Sorrentino sa bene che tutto quello che c’era da dire su Silvio è già stato detto, scritto, mostrato e che, ormai, ri-raccontarci dei suoi “crimini” e delle sue colpe” è un’operazione vuota, autoreferenziale e, perché no, dannosa.

Il tempo degli editoriali, dei saggi politici e dei girotondi è finito. E’ arrivato il momento di guardare in faccia il tanto detestato Demonio. A questo punto, il Berlusconi di Sorrentino e di Servillo (che interpretazione incredibile, sempre in bilico tra la macchietta e la reinterpretazione, tra l’adesione totale e la rivolta attoriale!) non è il diavolo che ci aspettavamo ma un personaggio travolgente, brulicante Vita e Anarchia. La sua esistenza goduta fino all’ultimo, la sua fame di Sesso e di Bellezza, il suo egocentrismo sfrenato e devastante, la sua incontrollabile voglia di Fare, le canzoni napoletane e la paura di rimanere solo, le battute di quart’ordine e l’incapacità di arrendersi, sono tante piccole sfaccettature di un carattere talmente grande da trasmettere una forza tracotante, allucinante, devastante.

Il Berlusconi sorrentiniano è un attore che, pur travestendosi continuamente di mille maschere posticce, rimane con coerenza sempre se stesso. E’ il bugiardo patologico che, pur dicendo solo menzogne, è il più sincero di tutti.

Questo fiume di emozioni, però, alla fine della sua corsa deve affrontare il peggiore dei destini, quello umano. Ed ecco allora il decadimento fisico, la fallibilità, le delusioni, la solitudine, le dentiere, la vecchiaia.

E, cosa più atroce per un dio erotico come Lui, perfino la fine dell’Amore.

L’intuizione chiave del racconto di Sorrentino è proprio questa. Pur raccontando un Berlusconi ancora sulla breccia (forse mai sceso?) ma alle prese con i presagi di lenta discesa verso una sconfitta fisica più che politica, il cineasta sceglie di incentrare Loro sulla Fine di una Storia (matrimoniale). Il divorzio con Veronica Lario (la splendida Elena Sofia Ricci) e la tristezza di chi, forse per la prima volta, si sta rendendo conto che davvero tutto può finire, sono il vero negativo di una parabola trascendentale che, a metà strada tra il Grande Gatsby e Aznavour, ha annichilito chiunque abbia incontrato (amici, nemici, amanti, consorti …).

Con Veronica che se ne va, per Silvio il finale è dietro l’angolo. Di fronte alla sua scomparsa (terrena, politica, mitica), una domanda sorge spontanea: cosa resterà di noi quando l’uomo che ha digerito, amato, sfruttato e distrutto, per sua natura, tutto ciò che siamo, uscirà inevitabilmente e inesorabilmente di scena?

Sorrentino sa bene che i tempi attuali, la nostra quotidianità ai tempi del d.S. (dopo Silvio) è oscura e disperata. Eppure, in un anelito di sogno, con i pompieri che dalle macerie di L’Aquila riescono a tirare fuori intatto Cristo, il regista ci vuole dare un (effimero) sogno di speranza: sopravvivremo incolumi anche alla morte di questo dio.

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Critico cinematografico

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