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Martedì, 16 Apr 2024

La tenacia di numerose associazioni ambientaliste, in primis "Verdi Ambiente e Società" e "Movimento Legge Rifiuti Zero per l'Economia Circolare", rappresentate e difese dagli avvocati Federico Pernazza e Antonello Ciervo, dopo una lunga battaglia svoltasi dal 2016 ad oggi, sia a livello nazionale (Tar) che europeo (Corte di Giustizia Ue), ha avuto la meglio sulla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Governo Renzi) e sul Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che, il 10 agosto 2016, avevano sottoscritto, in attuazione dell’art. 35, primo comma, del Decreto legge n. 133/2014 (c.d. Sblocca Italia), convertito con modificazioni dalla legge n. 164/2014, un Dpcm, pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 233 del 5 ottobre 2016.

Tale decreto, di cui le associazioni ricorrenti avevano chiesto al Tar del Lazio l’annullamento, riguardava la “Individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati”.

Con sentenza n.10088/2020, pubblicata nella giornata di ieri, 6 ottobre, il Tar, nel ritenere fondato il 3° dei 5 motivi posti a base della loro richiesta dalle predette associazioni, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento impugnato per aver eluso la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), introdotta dalla direttiva europea 2001/42/CE del 2001, recepita dall’Italia con d.lgs. n.152/2006, che – come evidenzia l’Ispra sul suo sito istituzionale – “rappresenta un importante contributo all’attuazione delle strategie comunitarie per lo sviluppo sostenibile rendendo operativa l’integrazione della dimensione ambientale nei processi decisionali strategici”.

Che il provvedimento annullato dal Tar dovesse avere un forte impatto a livello ambientale, appare fuor di dubbio in quanto - come evidenziato dalla Corte Ue (alla quale lo stesso Tar con apposita ordinanza aveva sottoposto la questione) - aveva “lo scopo di incrementare le capacità di funzionamento di 40 impianti di incenerimento dei rifiuti su 42 impianti esistenti e operativi nel territorio dello Stato membro in questione, nonché di creare nuovi impianti di tale tipo”, per cui, ai sensi della già richiamata direttiva 2001/42/CE “la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, devono essere interpretati nel senso che una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, costituita da una normativa di base e da una normativa di esecuzione, che determina in aumento la capacità degli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti e che prevede la realizzazione di nuovi impianti di tale natura, rientra nella nozione di ‘piani e programmi,’ ai sensi della direttiva”, con la conseguenza che “qualora possa avere effetti significativi sull'ambiente deve essere soggetta ad una valutazione ambientale preventiva”.

Ciò premesso, per il Tar, “nel caso di specie doveva essere necessaria la previsione di una VAS, proprio per l’incisione con effetti significativi sull’ambiente che il Dcpm impugnato apporta”, mentre per le amministrazioni resistenti in giudizio (Presidenza del Consiglio e Ministero dell’ambiente), ”la qualificazione astrattamente programmatica del Dpcm in questione consentirebbe in sede regionale la valutazione ambientale in sede di concreta attuazione”.

Per il Collegio giudicante, invece “tale argomento … non tiene conto della dirimente osservazione dei giudici UE, che hanno fatto chiaro riferimento al fatto che una Valutazione ambientale ‘postuma’, a livello regionale come vorrebbero le Amministrazioni costituite, di fatto preclude(rebbe) la partecipazione di tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, eludendo proprio uno degli ‘effetti utili’ della direttiva, quale quello della partecipazione dei territori e dei soggetti interessati agli effetti ambientali significativi e non trascurabili che l’aumento immediato della capacità di incenerimento degli impianti già attivi o l’apertura di nuovi indubbiamente determina (si dà luogo, come evidenziato dalla stessa difesa erariale, a ulteriori 1,8 milioni di tonnellate di incenerimento)”.

“Per tale ragione - sottolineano i Giudici del Tar - la stessa Corte ha insistito sulla necessità di una 'previa' verifica ambientale sotto forma della VAS, la quale, evitando l’elusione di una ‘democrazia partecipativa dal basso’ - come definita da parte ricorrente - avrebbe potuto, con osservazioni e suggerimenti tecnici, orientare l’Autorità nazionale nel procedimento stesso”.

Pertanto, “se pure era consentito qualificare gli impianti in questione come di rilevanza strategica nazionale ai fini di soluzione temporanea di una patologica situazione sulla gestione dei rifiuti, data dalla prevalenza dello smaltimento in discarica … la P.C.M. avrebbe dovuto comunque provvedere ad attivare la procedura di assoggettabilità alla VAS prima dell’emanazione del dpcm attuativo … e non lasciare alla diversa Valutazione regionale postuma l’incombenza relativa”.

In conclusione, l’accoglimento del 3° motivo del ricorso ha comportato l’annullamento dell’impugnato Dpcm e l’assorbimento degli ulteriori due motivi del ricorso stesso, riguardanti il ritenuto sovradimensionamento dei fabbisogni regionali effettivi e l’assenza di illustrazione di soluzioni alternative, questioni che, per i Giudici del Tar, potranno essere affrontate ed esaminate proprio in sede di Valutazione Ambientale Strategica, con la partecipazione al procedimento di tutti i soggetti abilitati ex lege.

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