L’aumento dell’inflazione, che ormai non è più neanche una notizia ma una semplice conferma, impatta come una bomba nell’area Ocse segnando, a dicembre 2021, un aumento del 6,6% su base annua. Ma a suscitare un certo stupore non è tanto il dato in sé – ormai è chiaro a tutti che questo movimento inflazionistico a lungo evocato si è manifestato in forma parecchio rampante – ma il fatto che una parte significativa di questo incremento è dovuto all’andamento dell’inflazione turca, che sempre a dicembre è arrivata al 36,1% su base annua. Senza questo contributo l’inflazione Ocse sarebbe stata del 5,6%, quindi un punto in meno.
Il fatto è preoccupante, visto che il dato di gennaio dell’inflazione turca, rilasciato di recente, porta l’indice di crescita annuale dei prezzi al 48,7%, più che raddoppiato rispetto al 21% di novembre. La Turchia, insomma, è nel pieno di una crisi inflazionistica che procede di pari passo con l’andamento della lira turca, che ha perso tantissimo valore malgrado i rilevanti interventi della banca centrale turca, che ha venduto valuta estera per sostenere il cambio.
Tutto ciò, considerando la fisionomia dell’economia turca, sostanzialmente di trasformazione, implica un rilevante aumento dei prezzi all’importazione, cresciuti drammaticamente negli ultimi mesi.
Il rapporto sull’inflazione pubblicato a fine gennaio dalla banca centrale turca certifica, infatti, che i prezzi alla produzione, che dipendono molto dalle importazioni, sono aumentati del 79,89% nel 2021. Un aumento, scrive la banca, “largamente dovuto agli sviluppi del tasso di cambio e all’aumento dei prezzi delle commodity, specialmente per l’energia, e alle strozzature dell’offerta”.
La Turchia, insomma, vive i problemi che viviamo tutti – alti costi energetici e strozzature sul lato dell’offerta – amplificati da una sua peculiarità derivante dalle scelte di politica monetaria del governo, che continua ad abbassare i tassi e adesso sta sviluppando strategie per scoraggiare il possesso dei cittadini di valuta pregiata e ri-lirizzare l’economia.
Il punto che ci riguarda più da vicino, però, è un altro. L’indice dell’inflazione Ocse mostra con chiarezza cosa può succedere se l’inflazione turca vada definitivamente fuori controllo. Il movimento turco porta al rialzo tutta l’inflazione dell’area, e quindi contribuisce ad alimentare le aspettative di inflazione a livello globale.
Certo, il mondo non finirà nel panico inflazionistico per colpa della Turchia. Ma la Turchia servirà a ricordarci che abbiamo buoni motivi per temere la crescita dei prezzi. Pure se da un ventennio sembrava che non fosse così.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
Twitter @maitre_a_panZer
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