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Venerdì, 19 Apr 2024

deposito scorie nucleariSecondo l'agenzia Askanews, con molta probabilità il deposito unico dei rifiuti radioattivi sorgerà nel Nord Italia. A svelare la possibile ubicazione è stato un paio di giorni fa, durante un convegno, il Sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico, Simona Vicari.

«A breve - ha detto il Sottosegretario - il Governo rivelerà l'esatta localizzazione del deposito unico nazionale. Posso dire che al Nord alcune località più di altre si stanno attrezzando per accoglierlo. Al di là della sindrome nimby, non dimentichiamo che il deposito nazionale è una grande opportunità di sviluppo che comporta anche vantaggi economici per la località che lo ospiterà».

È ovvio che una simile dichiarazione ha suscitato polemiche e forse, come è tipico dei nostri politici, la dichiarazione è stata già smentita. Un giornalista del Sole 24 Ore, che stimo, era presente e mi ha confermato che la dichiarazione è stata fatta.

Si tratta, in ogni caso, di un'ulteriore puntata della telenovela della ricerca di un posto dove costruire un deposito per le scorie nucleari. Telenovela cominciata una quindicina di anni fa, con l'ingloriosa fuga di "esperti" da Scansano Ionico, inseguiti da gente inferocita armata di forconi! Cittadini che forse non avevano apprezzato "la grande opportunità di sviluppo", tanto per usare le parole della Vicari.

In Italia, in questa vicenda miliardi di euro sono stati investiti in mezzo secolo di ricerche, nessun risultato operativo è stato ancora raggiunto. E', in particolare, fallimentare la ricerca di un deposito per lo scorie nucleari ad alta radioattività. Anche perché nuovi problemi continuano ad accumularsi. Tanto per fare un esempio, in Svezia è stato messo in discussione l'uso di contenitori che sembravano dovessero durare per 100 mila anni ma che potrebbero essere cento volte più fragili.

Ma vediamo, dopo la lunga pausa estiva, di fare un riassunto delle puntate precedenti della telenovela.

Circa sei mesi fa doveva essere presentata la mappa dei possibili luoghi dove sistemare le scorie nucleari. Era un impegno preso molto solennemente. Poi sono cominciati rinvii incomprensibili e, tuttora, sei mesi dopo, non si sa niente al riguardo, a parte la recentissima esternazione della Vicari. Si conoscono solo i criteri utilizzati per individuare il sito adatto o meglio per escludere luoghi ove sarebbe pericoloso sistemare sostanze tanto dannose alla salute.

Mi è stato detto da persone addentro alle "segrete cose" che il 99% del territorio italiano è stato scartato in fase di istruttoria, assieme a un'intera regione, la Val d'Aosta. Dalla mappa dell'Italia sono state tolte lagune, zone protette, miniere, dighe, poligoni di tiro e tutte le aree con una delle seguenti caratteristiche: sismiche; soggette a frane o ad alluvioni; sopra i 700 metri di quota, sotto i 20 metri di quota; a meno di 5 chilometri dal mare; a meno di un chilometro da ferrovie o strade di grande importanza; vicino alle aree urbane; accanto ai fiumi ...

A mio modesto parere, tutta l'Italia continentale e la Sicilia, per motivi sopra elencati, devono essere escluse.

Ma quando avverrà la scelta finale? Il 2 gennaio 2015, la SOGIN ha consegnato a ISPRA la proposta di Carta delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito. Il 13 marzo, ISPRA ha presentato la sua relazione ai ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente. Il 16 aprile i due ministeri hanno rimandato il rapporto a SOGIN e ISPRA chiedendo approfondimenti tecnici, mai specificati. Anzi tenuti rigorosamente riservati, alla faccia della tanta conclamata trasparenza.

Quello che dice la Vicari fa immaginare che in questi giorni il dossier sul deposito radioattivo stia completando l'ultima tappa tra Palazzo Chigi, ISPRA e SOGIN. Non ci sarà quindi la gara fra tanti comuni per aggiudicarsi il deposito, come aveva preconizzato un Sottosegretario qualche mese fa, quando la SOGIN aveva aperto al pubblico le centrali nucleari dismesse per mostrare, a suo dire, disponibilità alla trasparenza! La decisione sarebbe già stata presa, il che spiegherebbe gli incomprensibili rinvii: trattative riservate con Comuni e Regioni?

Era previsto e considerato necessario anche un dibattito aperto a tutti.  Ma in che termini dibattere, vista la dichiarazione della Vicari?

Negli ultimi mesi, le tensioni sull'argomento sono cresciute considerevolmente, anche perché il costo della gestione della stagione nucleare italiana è stato molto alto. In bolletta per le scorie paghiamo da molto tempo una cifra attorno ai 250 milioni di euro annui. E per il decommissioning si parla di costi complessivi dell'ordine della decina di miliardi, se tutto va bene.

«Non c'è chiarezza su cosa realmente si intenda fare e per questo si corre il serio rischio che le popolazioni facciano saltare il banco - afferma il senatore Cinque Stelle, Gianni Girotto - Sono troppi i punti oscuri. La normativa prevede la definizione di un programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi con la partecipazione del pubblico; prevede la creazione dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, un ente con funzioni di controllo e di vigilanza delle attività nucleari; prevede l'adeguamento della classificazione dei rifiuti radioattivi alle normative internazionali. Ma su nessuna di queste questioni è stata ancora data una risposta soddisfacente».

Interessante anche il parere di Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace: «La  decisione di far dipendere l'Isin (l'organo super parte che dovrebbe controllare la correttezza di tutta l'operazione) dal ministero dell'Ambiente e da quello dello Sviluppo economico crea un problema: il controllore (Isin) dipende dal controllato (il ministero dello Sviluppo economico). E' una situazione che somiglia più a quella dell'Unione Sovietica di Cernobyl che a una democrazia europea».

Molte serie contestazioni potrebbero essere rivolte al piano che prevede la realizzazione di un deposito nazionale per i rifiuti a bassa e media attività (restano pericolosi per almeno 300 anni), che però dovrebbe ospitare "in modo temporaneo" anche i rifiuti ad alta attività (pericolosi per centinaia di migliaia di anni). Le scorie a bassa e media attività vanno custodite in un deposito di superficie, le altre in un deposito geologico di profondità (che al momento nessun paese è riuscito a completare), capace di garantire per migliaia di generazioni la sicurezza e la trasmissione dell'informazione sul rischio.

Di fronte a queste preoccupazioni,  la Vicari ribatte elencando i vantaggi che derivano dalla creazione del deposito nazionale (investimenti per miliardi di €, creazione di un parco tecnologico, alcune centinaia di posti di lavoro ...).

Si possono sentire da tempo dichiarazioni trionfali del tipo: "È una struttura con barriere ingegneristiche e naturali progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard Aiea. Le scorie ad alta attività saranno invece stoccate temporaneamente in vista della loro sistemazione definitiva in un deposito geologico profondo".
Ma se tutto è così semplice e chiaro perché tanti rinvii e tanti misteri?

In tutto dovranno trovare posto circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività (per il 60% prodotti dalle attività di smantellamento degli impianti nucleari e per il 40% dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca) e circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività (anche con circa 1.000 metri cubi di combustibile ritrattato di ritorno da Francia e Gran Bretagna).

Vediamo anche quali sono le difficoltà emerse da noi e nel mondo di fronte a una questione molto più delicata e complessa di quanto non la vogliano far apparire i nostri ineffabili Sottosegretari.

Non dimentichiamo mai che, per molti anni, i rifiuti nucleari di bassa attività sono stati gettati in mare. E' un inquinamento durato fino al 1993, quando un trattato internazionale ha vietato questa pratica. La questione andrebbe ripresa per verificare se si può trovare un rimedio a questo errore gravissimo.

Negli anni Sessanta, in Germania si è cominciato a lavorare per creare un deposito in formazione saline, che sembrava offrire garanzie di sicurezza. Ma poi è stato scoperto che infiltrazioni di acqua mettevano a rischio l'isolamento delle scorie nucleari. Attualmente si calcola che ci sia un ingresso di circa diecimila litri di acqua al giorno, il che ha costretto a rimuovere i 126 mila barili che erano stati già collocati nel deposito stesso.

Nel 1969, è stata aperta una grande discarica nucleare a La Manche, nel nord della Francia. Ospita più di 500 metri cubi di materiale radioattivo proveniente dalle centrali nucleari. E' stata chiusa nel 1994 e nel 2006 è stata individuata una contaminazione delle falde idriche.

Gli Stati Uniti hanno speso più di 8 miliardi di dollari per un deposito geologico a Yucca Mountain, un centinaio di km a nord di Las Vegas, ma l'US Geological Survey ha evidenziato una faglia sismica sotto il sito, creando anche seri dubbi sulla tenuta delle falde idriche. Il futuro della struttura è tutt'altro che chiaro.

Insomma, sarebbe bene affrontare una volta per tutte il problema delle scorie nucleari con la massima serietà e con persone molto competenti, magari evitando una pubblicità molto costosa che ci vuol convincere della necessità di un deposito unico delle scorie nucleari.

Di questo siamo già tutti convinti,  piaccia o non piaccia.

Post scriptum

Sul Foglietto abbiamo già scritto numerosi articoli sulle numerose incongruenze della vicenda "Scorie Nucleari".  Continueremo a seguirla, malgrado insulti e "avvertimenti"... patetici.

Boschi ridotto sorridenteQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Geofisico - Twitter: @enzo_boschi

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