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Giovedì, 28 Mar 2024

Il terremoto di Casamicciola del 21 agosto scorso ha evidenziato gravissime lacune nella gestione e nell’organizzazione del sistema di monitoraggio sismico nazionale.

Ha mostrato anche competenze limitate in alcuni di coloro che hanno il compito di fornire tempestive informazioni agli organi di Protezione Civile. Più volte ne abbiamo scritto qui sul Foglietto. Alcuni senatori hanno addirittura presentato un’interrogazione parlamentare molto articolata sull’argomento.

In modo del tutto irrituale, la risposta all’interrogazione è stata redatta non dal ministro ma dal presidente dell’INGV. Risposta giudicata del tutto insoddisfacente, con argomenti ineccepibili, dai senatori interroganti.

L’assenza di un monitoraggio adeguato sembra essere una costante per Ischia. In occasione di alcuni sismi verificatisi in prossimità di Casamicciola, alla fine dell'agosto 2016, era per esempio emerso che i sensori ischitani non erano attivi.

Se ne deve dedurre che un'isola vulcanica, densamente popolata e votata al turismo, è stata lasciata senza un monitoraggio adeguato per almeno un anno?

Era lecito pensare che dopo il gravissimo smacco del terremoto dell’agosto 2017 - passarono giorni prima di conoscere la localizzazione e l’entità del sisma - venisse rapidamente riorganizzato e messo in funzione un valido sistema di misura e allertamento dei fenomeni geofisici che possono verificarsi nell’isola e in tutta l’area napoletana, in modo da fornire informazioni corrette e tempestive su una zona vulcanica fra le più pericolose al mondo per l’elevatissima antropizzazione che la contraddistingue.

Invece, niente di tutto questo. Per esempio, leggiamo, in un articolo di stampa, di una nota dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV al DPC Servizio Rischio Vulcanico Regione Campania, alla Sala Operativa di Protezione Civile, Sala Sismica INGV, alla Prefettura di Napoli, che recita:” Si comunica che 02/12/2017 ORE (orario locale): 06:35 Dalle ore (UTC) 06:14 del 02/12/2017 è stata registrata una sequenza di eventi sismici nell’area ISCHIA”.

Più di due ore dopo, alle 08.55, arriva un controcomunicato in cui la direzione dello stesso Osservatorio smentiva le precedenti dichiarazioni, escludendo che i segnali rilevati alle 06.35 fossero terremoti, senza però spiegare qual era la loro natura. Per essere precisi, ecco il testo del comunicato riportato sempre nel predetto articolo di stampa: “Dopo una attenta analisi delle forme d’onda, gli eventi registrati e precedentemente comunicati come sciame sismico nell’area di Ischia NON sono ascrivibili ad eventi di natura sismica”.

Anche se non è stato ammesso ufficialmente, si è arrivati alla conclusione che i segnali registrati dai sensori erano da ascrivere a fulmini di forte intensità che avevano “scosso” tutta Ischia.

Chi si occupa o si è occupato di Sismologia sperimentale sa quanto sia facile sbagliare l’interpretazione di sismogrammi. Conosce, però, anche i modi per verificare rapidamente il valore delle proprie conclusioni. Il problema, quindi, non è l’errore, sempre possibile. Il problema, molto preoccupante, sono le oltre due ore che sono state necessarie per accorgersi dell’errore. In caso di eventi vulcanici gravi due ore possono rappresentare un intervallo di tempo utile per sopravvivere.

Due ore di ritardo sono, comunque, un progresso rispetto ai quattro giorni che sono stati necessari per riconoscere che il terremoto di Casamicciola si era verificato a una bassissima profondità, proprio sotto l’abitato e non in mare, a una decina di chilometri di profondità e distante da Ischia.

Notevole, anche in quel caso la confusione. È indimenticabile l’intervista, del tutto incongrua, rilasciata il giorno dopo il terremoto (22 agosto 2017) al Tg2 delle 13 dal presidente dell'Ingv, in cui, nel tentativo forse di nascondere la cantonata, ebbe a mostrare, con tanto di rappresentazione grafica, la faglia con l'ipocentro in mare "per far comprendere”, a suo dire, “la ragione del terremoto in modo semplice a chiunque", pur essendo ampiamente dimostrato, al di là di ogni dubbio, che faglia e ipocentro non potevano essere e non erano quelli indicati.

Vicende che possono anche far sorridere ma che, in prospettiva, vanno prese molto seriamente. Viviamo in un Paese fortemente sismico e vulcanico e su questi aspetti abbiamo diritto a informazioni scientifiche serie e tempestive da un Istituto con mille dipendenti interamente finanziato con una notevole quantità di denaro pubblico.

Le cose, purtroppo, sembrano peggiorare in modo preoccupante. Nel Foglietto della settimana scorsa, abbiamo raccontato come il 17 settembre 2017 una famiglia di tre persone è stata letteralmente inghiottita dalla Solfatara. Nessuno, evidentemente, si era preoccupato di informare chi di dovere che il suolo della Solfatara stessa era diventato oltremodo pericoloso, essendosi assottigliato a causa di cavità formatesi in prossimità della superficie. Eppure, alcune campagne di misura ne avevano mostrato in tutta evidenza la pericolosità. Le giustificazioni poi addotte per spiegare una tragedia tanto grave sono risultate del tutto insoddisfacenti.

La Magistratura sta, comunque, indagando.

Si ha l’impressione che all’INGV si sia creato un gruppo, molto ristretto, che ha il compito di gestire le crisi, anche se ha mostrato di non essere nemmeno in grado di determinare i parametri focali di un terremoto modesto. Sono addirittura arrivati a confondere fulmini e tuoni, che si sviluppano in atmosfera, con l’attività sismica, che si genera all’interno del nostro Pianeta!

È paradossale e grottesco che quelle stesse persone dichiarino, ad ogni piè sospinto, che intendono prevedere i terremoti malgrado, al momento, non riescano neanche a localizzarli. Addirittura, c’è chi sostiene, dal 2010, di avere sviluppato un modello che renderebbe possibile indicare quando e dove si verificherà un sisma.

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Geofisico dell’Accademia dei Lincei

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