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Sabato, 20 Apr 2024

Sfoglio le ultime statistiche bancarie diffuse dalla Bis e osservo un’evidenza che mi sembra rimarchevole: non sazi della generosità delle loro banche centrali, gli stati dei paesi avanzati sono diventati idrovore di finanziamenti bancari esteri. Il tema mi sembra esotico, e tutto sommato irrilevante. Ma poi mi sorge il sospetto che questa insaziabilità finisca con l’avere effetti sull’intera economia, visto che, per fare un esempio, fra fine marzo 2008 e fine marzo 2016 la quota di attività internazionali verso il settore privato americano non bancario e quello bancario sono diminuite rispettivamente del 17 e del 7%, portandosi dal 69% al 52 e dal 22 al 15%. Al contrario, la fame di fondi bancari del settore ufficiale è cresciuta parecchio.

In particolare, “le consistenze totali degli impieghi internazionali verso il settore ufficiale statunitense sono più che raddoppiate, passando da 255 a 763 miliardi di dollari”, scrive la Bis, ricordandomi il vecchio argomento che un eccesso di debito pubblico finisce sempre con lo “spiazzare” quello privato. In percentuale, tale crescita è stata di oltre 20 punti: il settore ufficiale Usa in otto anni è passato dal 9 al 33% delle attività provenienti dall’estero.

A livello trimestrale, l’incremento del credito bancario transfrontaliero verso le economie avanzate ha pesato 462 miliardi, abbondante ma sempre in calo del 4,2% rispetto all’anno precedente. Inoltre, “l’incremento degli impieghi verso le economie avanzate è ascrivibile principalmente all’espansione di 358 miliardi del credito transfrontaliero verso soggetti non bancari, quali pubbliche amministrazioni, istituzioni finanziarie non bancarie e società non finanziarie”.

L’aggregato nasconde il fatto che “nelle economie avanzate la percentuale del credito bancario internazionale verso il settore ufficiale – attività verso gli Stati e depositi presso le banche centrali – sull’insieme delle attività bancarie internazionali totali è passata dal 13% a fine marzo 2008 al 24% a fine marzo 2016, raggiungendo il suo livello più alto in più di 25 anni”. Il che basta a classificarlo come un fatto storico. Tali prestiti sembrano incuranti della circostanza che il settore ufficiale ormai remunera ben poco questi prestiti, visto che la quota delle obbligazioni che fruttano un tasso negativo ha superato di recente i 10 mila miliardi di dollari, coinvolgendo non solo i titoli di stato, ma persino certe obbligazioni corporate.

Se torniamo agli Usa che, lo ricordo, insieme al Giappone sono il paese che più di tutti attrae risorse per finanziare il suo debito, osserviamo che “le attività transfrontaliere totali verso gli Stati Uniti sono cresciute di 130 miliardi di dollari tra fine 2015 e fine marzo 2016” e che “gli impieghi verso prenditori non bancari (fra i quali il settore ufficiale, ndr) sono stati consistenti”.

Di recente, tale tendenza si è estesa anche al settore dell’euro e al Giappone. “A fine marzo 2016, il 27% delle attività bancarie internazionali consolidate verso i prenditori dell’area dell’euro era ascrivibile al settore ufficiale, in aumento rispetto al 17% di fine marzo 2008. Anche gli impieghi internazionali verso il Giappone si sono orientati in prevalenza verso il settore ufficiale, la cui percentuale sul totale del credito internazionale è cresciuta di 4 punti percentuali (dal 26 al 30%) tra la fine del primo trimestre 2008 e la fine del primo trimestre 2016”.

In questa situazione, suona come vagamente ozioso continuare a discorrere del legame perverso che, a livello nazionale, lega le banche al debito sovrano. Se è vero, come dicono molti, che questo legame è dannoso, bisognerebbe chiedersi se non sia sostanzialmente la stessa cosa a livello globale. Il rischio sovrano, spostato dal livello nazionale a quello sovranazionale, non smette di essere un rischio, e l’effetto di “spiazzamento” che un settore pubblico affamato può generare attraendo fondi che perciò non vengono destinati al settore privato vale sia a livello nazionale che globale. E tuttavia questa circostanza non viene discussa. Forse è troppo complicato.

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giornalista socioeconomico - Twitter @maitre_a_panZer

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