Giornale on-line fondato nel 2004

Lunedì, 06 Mag 2024

Il profondo sommovimento economico e politico reso possibile dalle tecnologie digitali si potrebbe rappresentare con una sola parola: disintermediazione, ossia eliminazione dei corpi intermedi che separano un bene o un servizio da chi vuole fruirne. Qualche esempio aiuterà a comprendere. Fra la fonte di un’informazione e chi fruisce dell’informazione ci sta di solito un corpo intermedio, ad esempio un giornale. Fra la sovranità politica e l’esercizio di questa sovranità ce ne sta un altro, ad esempio un politico eletto o un’istituzione. Fra chi produce un frullatore e chi lo compra ce ne sta un altro ancora, ad esempio un negozio.

Questa organizzazione dura da secoli e, ancora oggi, è quella che va per la maggiore. Con la differenza che oggi viene questionata sempre più fermamente, e non solo da cittadini delusi dalla politica che pensano di poter votare le leggi on line. Ma anche dagli smanettoni che creano monete virtuali e sistemi di pagamento come Bitcoin per disintermediare le transazioni monetarie e liberarsi delle banche. E, ancora di più, dai produttori che hanno scoperto di poter tagliare drasticamente la catena di distribuzione, e quindi riportare profitti su di sé, consentendo, al tempo stesso, di far risparmiare anche il consumatore. In sostanza, produttori e consumatori si dividono le spoglie del povero commerciante, ossia il soggetto che mediava fra il bene e il consumatore, che ormai sta gradualmente scomparendo. Nell’epoca di internet, non serve una persona che compri per rivendere. Bastano un computer e uno spedizioniere e una struttura che gestisca il back office delle transazioni on line.

Questa tendenza si può osservare guardando questa tabella che ho trovato in uno studio recente di Credit Suisse.

“Le abitudini di consumo – scrive la banca – stanno cambiando globalmente. La digitalizzazione, per esempio, è un trend di lunga durata che sta sempre più innovando i modelli tradizionali di consumo e i processi di produzione, anche grazie al massiccio passaggio dall’off line all’on line”. In tal senso, sottolinea, le compagnie definite come “innovatrici digitali”, che entrano nei mercati con nuove forme di prodotto e distribuzione, sono quelle che più promettono di conquistare quote di mercato e profitti. “La digitalizzazione – aggiunge – beneficia non solo i produttori ma anche gli utenti finali”. Come vedete, dei poveri corpi intermedi, che pagano il prezzo del progresso, non c’è più traccia. Questa evoluzione non riguarda solo l’IT, dove è evidente, ma interessa anche altri settori che magari non ti aspetti. La banca ricorda l’healthcare, i media, l’entertainment e le compagnie industriali. In pratica, ogni cosa.

La tabella proposta mostra con chiarezza quanto sia concreta questa prospettiva. Il confronto fra i dati del 2008 e del 2015 è eloquente: il B2C retail, ossia le vendite dirette dal produttore al consumatore sono passate dall’1% del totale al 5%. Ma in altri settori, dove l’operazione di digitalizzazione è massiccia, i risultati sono stati straordinari. L’industria dei videogiochi e del gioco d’azzardo, ad esempio, è quella che più di tutte ha segnato un’evoluzione. Nel 2008, le vendite on line quotavano il 4% di un totale di 428 miliardi, nel 2015 siamo arrivati al 23% di 540 miliardi di dollari. In pratica, un quarto del mercato è disintermediato. Similmente, è accaduto al settore della musica: quasi il 20% del mercato, che vale 46 miliardi nel 2015, vive on line.

Non stupisce perciò che un’altra banca, Goldman Sachs, sia convinta che l’industria discografica, che negli ultimi quindici anni ha subito una costante distruzione di valore, sia sulla soglia, grazie allo sviluppo dei servizi di streaming digitale, di un’evoluzione che dovrebbe condurla a superare i 100 miliardi di mercato nell’arco del prossimo quindicennio. Ciò grazie all’evoluzione delle piattaforme di sharing e soprattutto alla velocità di connessione. Ne abbiamo parlato nel numero di Crusoe dedicato all’evoluzione a 5G delle piattaforme mobili.

La tendenza a disintermediare il commercio tradizionale è chiaramente visibile anche in Europa. Di recente Eurostat ha pubblicato i dati sugli acquisti on line dai quali emerge che almeno due residenti su tre, di età compresa fra i 16 e il 74 anni, hanno utilizzato la rete per i loro acquisti, a fronte di una quota dell’84% della popolazione di quest’età che va on line.

L’aumento delle transazioni on line fra il 2012 e il 2016 c’è stato nel nostro paese. Il grosso degli articoli comprati sono stati vestiti e beni legati allo sport (66%), seguiti da viaggi e hotel (52%), beni per le famiglie (44%) ticket per eventi (38%), libri, riviste e giornali (33%).

Questo significa, in pratica, che i negozi che trattano tali beni hanno venduto assai meno di quanto non facessero prima, e che probabilmente qualcuno di loro è entrato in sofferenza. Statistiche di sintesi non se ne trovano facilmente, ma ognuno avrà notato come sia cambiato il commercio al dettaglio negli ultimi anni. Alla prima ondata che ha sostituito i piccoli esercenti con i centri commerciali, ne sta succedendo un’altra nella quale i centri commerciali sono semplici host dove si può osservare la merce e poi ordinarla on line o ritirare merce comprata sempre on line.

E’ sempre più diffusa, ad esempio, la pratica del doppio prezzo, uno per gli acquisti in loco, un altro per chi ha comprato on line e ritira sul posto, con il secondo anche sensibilmente inferiore al primo. Anche in questo caso la logica economica è chiara: disintermediando la funzione del commesso, che consigliava e spiegava, i costi relativi vengono distribuiti fra il proprietario della catena e il consumatore finale. In pratica il consumatore svolge il lavoro del commesso, studiando e scegliendo il prodotto, e viene remunerato dalla differenza di prezzo. Il commesso, in tale funzione, non è altro che un commerciante sotto stipendio e che, in quanto tale, sta progressivamente perdendo la sua funzione.

A fronte di questo trend, ormai definito e inarrestabile, arrivano notizie come quella della decisione di Amazon di assumere 1.200 persone in Italia perché la compagnia vuole aprire nuovi centri logistici – leggi smistamento dei pacchi – e ha bisogno di personale per gestirli. Notizia senza dubbio positiva. Ma bisognerebbe chiedersi se i 1.200 lavoratori che verranno assunti da Amazon basteranno a compensare la distruzione di lavoro provocata dal processo di disintermediazione del commercio nei territori dove questi investimenti vengono effettuati. Rispondere è difficile, o addirittura impossibile: non esistono statistiche ipotetiche. Però la questione se l’innovazione tecnologica distrugga più posti di lavoro di quanti ne crei è uno dei grandi temi del nostro tempo, anzi degli ultimi secoli, e nessuno può fare altro che congetture.

Rimane la realtà quotidiana. Il processo di disintermediazione non è certo reversibile, a meno di catastrofi. Dovremo rassegnarci alla graduale estinzione dei negozianti che ne preparerà altre. Ma consoliamoci: saremo molto hi tech.

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

giornalista socioeconomico - Twitter @maitre_a_panZer

empty alt

Nuovo target terapeutico per il glioblastoma

Il glioblastoma è la forma più aggressiva di tumore cerebrale nell’adulto e le opzioni...
empty alt

"La pace è l'unica strada", l'altro ebraismo di David Grossman

Ho appena finito di leggere un libretto dello scrittore israeliano David Grossman. Una raccolta di...
empty alt

Nullo licenziamento lavoratore con patologia oncologica che supera periodo comporto

Con sentenza n. 11731/2024, pubblicata il 2 maggio scorso, la Corte di cassazione ha rigettato il...
empty alt

Premio “Ellen Richards”, la prima borsa di studio per giovani ricercatrici

L’“Ellen Richards Awards” è stato uno dei primi e più prestigiosi riconoscimenti per le...
empty alt

“Una spiegazione per tutto”, film della settimana proposto dal Foglietto

Una spiegazione per tutto, regia di Gábor Reisz, con Adonyi-Walsh Gáspár (Ábel), István...
empty alt

Spoltore, antica Fonte Barco prima restaurata e poi abbandonata al degrado

Scrivo contro il restauro dell'antica Fonte Barco a Spoltore, comune a poco meno di 8 km. da...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top