Con sentenza 5 settembre 2016, n.497, il Tar Abruzzo L’Aquila si è pronunciato sul diniego di un’istanza di riconoscimento di equipollenza di un titolo accademico conseguito in Albania, dando torto all’Università Abruzzese e ragione al ricorrente. Si è trattato dell’ennesimo diniego, in verità, nonostante tutti gli altri fossero stati oggetto di pronunce cautelari, che invitavano l’Ateneo a provvedere adeguatamente.
L’ultimo riesercizio provvedimentale, in particolare, che si poteva auspicare più ponderato, alla stregua degli insuccessi precedenti, è stato addirittura più “brusco”, essendosi limitata l’Università a un rinvio secco alle precedenti determinazioni già sospese. Nessuna discontinuità di metodo, insomma, di fronte a ben quattro pronunce “che invocavano determinazioni di equipollenza non preconcette e apodittiche, indicando le normae agendi a cui i vari remand avrebbero dovuto conformarsi”.
Da parte dell’Università di L’Aquila è sempre mancata la necessaria e accurata analisi sui contenuti scientifici e didattici dei singoli esami sostenuti all’estero dallo studente laureato, né poteva considerarsi sufficiente a motivare i dinieghi in questione la tabella comparativa allegata al verbale dalla Commissione, trattandosi di una mera descrittiva di programmi disciplinari senza alcuna disamina sostanziale delle singole discipline degli esami svolti dal ricorrente.
Il Tar ha altresì precisato, da un lato, che non sono emerse disposizioni del regolamento di Ateneo che avrebbero in qualche modo imposto le decisioni dell’Università, disposizioni comunque ex se disapplicabili per contrasto con la normativa sopranazionale (art. 9 Convenzione di Lisbona, ratificata con legge n.148 dell’11/7/2002); dall’altro, che nessuna negativa influenza, peraltro mai evidenziata, avrebbe potuto assumere la natura non pubblica dell’università albanese di provenienza del ricorrente.
A seguito della pronuncia del giudice, l’Università è stata cosi chiamata a nuovamente provvedere entro 40 giorni dalla comunicazione e/o notificazione della sentenza, con l’intesa che, in mancanza, si nominerà un commissario ad acta.