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- di Flavia Scotti
Tutto sarà chiaro e certo solo il 20 ottobre prossimo, quando il governo presenterà in Parlamento la prossima legge di stabilità, che dovrà essere approvata dalle Camere entro il 31 dicembre.
Tutto sarà chiaro e certo solo il 20 ottobre prossimo, quando il governo presenterà in Parlamento la prossima legge di stabilità, che dovrà essere approvata dalle Camere entro il 31 dicembre.
Sempre scorrendo il 5° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, scopriamo che negli ultimi anni i nostri agricoltori sono diventati vittime di ogni genere di furto, dall’abigeato alla sottrazione di prodotti agricoli e di attrezzature. Una drammatica impennata di fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore.
Poiché il protezionismo è tornato di moda (ammesso che abbia smesso davvero di esserlo) diventa interessante osservare le tante sfaccettature con le quali il fenomeno dei dazi può impattare sulla struttura e l’organizzazione di una società. Si tende a pensare che, in fondo, proteggere i commerci sia affare che riguardi solo i produttori o, al limite, i consumatori che, lo sappiano o meno, saranno chiamati a sostenere il sussidio daziario con una maggiore spesa per consumi. Ma se fosse solo questo il protezionismo potremmo rinchiuderlo nella scatola noiosa delle faccende economiche, che tanto appassionano gli specialisti almeno quanto lasciano indifferenti i comuni cittadini.
La nostra esplorazione del mondo dell’agromafia continua oggi con l’analisi del fenomeno del caporalato. Dati alla mano, l’agricoltura occupa in Italia il 3,5% della forza lavoro: 600mila italiani e 350mila stranieri. Questi ultimi costituiscono, quindi, circa il 35% del totale degli occupati nel settore. Si tratta di manodopera non specializzata che, come precisa il 5° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, è in grado di svolgere attività riconducibili alle cosiddette 5P, ossia attività precarie, poco pagate, pesanti, pericolose e penalizzate socialmente.
Della battaglia per il riconoscimento degli scatti stipendiali ci siamo occupati più volte su questo giornale, sempre sostenendo le sacrosante ragioni dei docenti e dei ricercatori universitari. Sta di fatto che, secondo i dati diffusi dal Movimento per la dignità della docenza universitaria (Mddu), lo scorso 13 settembre per lo sciopero in corso si erano dichiarati 7.108 tra docenti e ricercatori, saliti, appena 4 giorni dopo, a circa 10.000.
E’ stato pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista scientifica The ISME Journal un lavoro dedicato allo studio della composizione delle comunità batteriche, conosciute come microbiota, che risiedono nell’intestino dei mammiferi, mediante l’impiego di un approccio multi-omico basato sull’utilizzo di tecniche di genomica e metagenomica.
Ci sono alcune considerazioni interessanti che il Fondo monetario internazionale propone nel suo ultimo External sector report. Il documento fotografa l’andamento degli squilibri globali, rappresentati contabilmente dai flussi delle partite correnti dei paesi analizzati e dagli stock delle posizioni nette sugli investimenti esteri e quindi è un ottimo viatico per capire lo stato delle relazioni internazionali, atteso che i crediti e i debiti reciproci fanno parte della dialettica fra gli stati. Non si capisce l’irritazione statunitense per la Germania se si trascura di osservare che gli Usa sono il paese che più di tutti è debitore, mentre la Germania è fra i primi, se non il primo, creditore globale.
Continuando il nostro” viaggio” nelle agromafie, sempre sulla base del 5° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, abbiamo questa volta approfondito il tema delle infiltrazioni criminose sul territorio. Al riguardo, vanno evidenziati due dati: il primo è che le forme tradizionali di criminalità organizzata sono nate e cresciute proprio con lo sfruttamento delle attività agricole e del relativo indotto; il secondo è che il rifiorire delle infiltrazioni criminali nel tessuto agroindustriale è determinato dalla recente crescita di quest’ultimo, che garantisce, correlativamente, un aumento dei margini di profitto. Com’è noto, infatti, l’Italia non solo è il paese con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine controllata ufficialmente riconosciuti dall’Unione europea (Doc e Igt), ma è anche quello nel quale la filiera agroalimentare costituisce uno dei settori maggiormente strategici dell’economia, dato che essa impiega il 12% degli occupati e registra esportazioni in continua crescita.
Dopo 8 anni di blocco dei contratti del pubblico impiego, anche se continuano gli incontri tra Aran e sindacati, la trattativa appare ancora nella fase preliminare, dal momento che – come sempre sostenuto dal Foglietto – ad oggi non sono state stanziate risorse sufficienti, nonostante l’aumento medio a regime per il triennio 2016-2018, concordato tra governo e sindacati confederali con l’intesa del 30 novembre 2016 (alla vigilia del referendum costituzionale del 4 dicembre) sia ben poca cosa rispetto alla perdita del potere di acquisto delle retribuzioni dei lavoratori dal 2009 ad oggi.
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