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Lunedì, 29 Apr 2024

Con queste parole 82 anni fa Franco dichiarava ufficialmente conclusa la guerra di Spagna. Barcellona era stata conquistata dai falangisti alla fine di gennaio, e con essa la Catalogna, da cui presero la via dell’esilio circa 500.000 persone che, al confine francese, vennero disarmate e avviate verso campi di concentramento.La vicenda, raccontata da Pietro Ramella nel volume “La Retirada”, vide diverse persone morire di stenti per le difficili condizioni nei campi: addirittura varie decine di migliaia di essi chiesero di tornare in Spagna, senza contare quelli che, in seguito, furono consegnati al governo franchista o a quello italiano (nel caso dei volontari antifascisti) dagli occupanti tedeschi.

 Le brigate internazionali repubblicane erano state sciolte nel 1938; vi avevano partecipato volontari di tutto il mondo (alcuni austriaci, ad esempio, trovarono in seguito la morte nei campi di sterminio nazisti).

Al contrario, le forze armate italiane e tedesche avevano continuato la guerra al fianco dei falangisti e dei marocchini. Nel febbraio del ‘39, Inghilterra e Francia avevano riconosciuto il governo di Franco. Madrid fu conquistata il 26 marzo. Pochi giorni prima membri del governo repubblicano e dirigenti politici erano volati in esilio in Algeria, colonia francese.

Verso la fine di marzo, al porto di Alicante, unico lembo di terra repubblicana, si ammassarono diverse decine di migliaia di repubblicani in fuga, nella speranza che arrivassero le navi per portarli in salvo. Quando all’orizzonte si profilò una nave da guerra franchista molti si buttarono in mare e annegarono: diverse decine si tagliarono i polsi con i coperchi delle lattine. Fra il 29 e il 30 marzo le truppe della divisione fascista “Littorio” – avanguardia dei falangisti - entrarono in Alicante; i prigionieri vennero avviati al “Campo de Los Almendros”, da cui molti non uscirono vivi.

L’ultima nave che era riuscita a salpare era stato il “Barco Stanbrook”, che partì da Alicante il 28 marzo con più di 2.600 persone a bordo; riuscì a violare il blocco delle navi franchiste e a dirigersi a Orano, in Algeria. Qui venne tenuta alla fonda dalle autorità francesi per 30 giorni senza permesso di sbarco, fino a quando a bordo non cominciarono a diffondersi malattie.

Anche in questo caso, gli occupanti furono portati in campi di concentramento: alcuni in Sahara, adibiti a mano d’opera per la costruzione di strade. Per salvare queste persone il capitano dello Stanbrook, Archibald Dickson, gallese, aveva violato anche le disposizioni del governo di Sua Maestà che vietava l’imbarco di passeggeri sulle navi commerciali. Gli è dedicato un busto nel porto di Alicante. La nave fu silurata dai tedeschi mesi più tardi.

Archibald Dickson comandante della nave Stanbrooks

 La vicenda è raccontata in numerosi testi in lingua spagnola e in una graphic novel di Paco Roca tradotta in italiano col titolo “I solchi del destino”; molto esaustivo anche un documento (scaricabile al link https://docplayer.es/78101418-La-guerra-acaba-en-alicante.html). Di recente, una band spagnola “heavy metal” si è data il nome “Stanbrook” e ha pubblicato un CD con lo stesso titolo.

Cominciò allora (in Catalogna era già cominciato) un periodo di sanguinaria repressione - da parte dei franchisti - dei repubblicani e delle loro famiglie: di stragi, detenzione e confinamento in campi di concentramento. A oggi si calcola che i corpi di più di 120.000 “desaparecidos” giacciano ancora in fosse comuni, conosciute o ignote.
Altri meno sfortunati andarono in esilio: alcuni in Messico, con la nave Sinaia e altre navi, per iniziativa del presidente Lazaro Cardenas: circa 30.000 in tutto. E in Cile con la nave Winnipeg, affittata per questo scopo da Pablo Neruda: lo racconta Isabel Allende in “Lungo petalo di mare”.

Ma la guerra non era finita. Non tutti i repubblicani deposero le armi: in tutta la Spagna, ma soprattutto nei Pirenei grazie al supporto dei fuorusciti in Francia, nei Paesi Baschi e in Andalusia si formarono gruppi di guerriglieri (los “maquis”) che continuarono la lotta armata nel paese.
In Francia, volontari repubblicani combatterono con la resistenza francese e i primi carri armati della Divisione Leclerc che entrarono nella Parigi liberata nel 1944 si chiamavano Ebro, Valencia ecc.

Durante la guerra i repubblicani avevano sperato invano nell’intervento armato delle grandi potenze a difesa della Repubblica, cosa che non avvenne. Nel seguito continuarono a sperare che, con la sconfitta delle potenze dell’Asse nella seconda guerra mondiale, venisse meno il sostegno politico e operativo a Franco. Nel 1944, il governo franchista era convinto che, con la liberazione del sud della Francia dai tedeschi, l’invasione repubblicana sarebbe stata inevitabile. Un tentativo di “Reconquista de España” venne messo in opera, nell’ottobre del 1944, dalla “Division Guerrillera 204” nel Val de Aran, passaggio pirenaico di bassa altitudine fra Francia a Spagna, e contemporaneamente in altri passaggi. Diverse migliaia di guerriglieri entrarono in Spagna, riportarono alcuni successi ma furono poi costretti al ripiegamento dalle forze franchiste, cui era stato ordinato di operare “fino alla annichilazione totale”.

 

Dopo la fine della seconda guerra mondiale i repubblicani non si capacitavano del fatto che le potenze occidentali, che rivendicavano di aver estirpato il cancro nazifascista dall’Europa, tollerassero la permanenza dello stesso cancro in Spagna e Portogallo. La Spagna franchista non venne ammessa all’ONU fino al 1955; anzi, l’ONU ne decretò nel 1946 l’embargo e la chiusura delle frontiere. Nel 1953 tuttavia il presidente statunitense Eisenhower si recò in visita in Spagna e ottenne in cambio la disponibilità di basi militari.
La guerriglia continuò con numerose azioni in tutta la Spagna fino ai primi anni ‘50, quando il Partito Comunista di Spagna si convinse dell’impossibilità di continuare la lotta.

 

L’ultimo dirigente anarchico, José Lluís Facerías, fu ucciso dalla polizia nel 1960 a Barcellona.

 

Della guerra di Spagna, conclusa pochi mesi prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, l’opinione pubblica italiana conosce poco. In Spagna, a partire dalla morte di Franco, avvenuta nel 1975, è fiorita una letteratura importante e un gran numero di iniziative che hanno l’obiettivo principale di conservare la memoria dei fatti e delle ingiustizie, ma soprattutto la dignità delle persone che difesero la Repubblica legittimamente costituita. Lo stesso è avvenuto in altri paesi europei, mentre in Italia il tema è ricordato solo da pochi.

Per chi si reca in Spagna, tuttavia, non è vano andare a visitare i luoghi della guerra, laddove sono ancora conservati; e sono molti. Ad Alicante, ad esempio, una lapide ricorda le vittime civili dei bombardamenti dell’aviazione italiana che aveva le sue basi a Majorca (lo schizzo è tratto da un documento italiano (rintracciabile in https://docplayer.es/78101418-La-guerra-acaba-en-alicante.html) e che fece centinaia, forse migliaia di vittime civili in tutta la costa mediterranea.

 

In altri luoghi si può almeno provare a ricordare e rendere omaggio alla memoria di quanti cercarono di difendere, finché fu possibile, la Repubblica di Spagna.

Massimiliano Stucchi
sismologist, retired, once director of research at Cnr and Ingv
facebook.com/massimiliano.stucchi.585

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