Osservare l’andamento declinante dell’economia europea, dopo la parvenza di ripresa post Covid, non stupirà chi segue da tempo le vicissitudini dell’area.
Sappiamo bene che il modello di sviluppo europeo non è mai riuscito a generare una domanda privata robusta abbastanza, come succede negli Usa, tale da da sostenere la crescita di una regione dove vivono alcune centinaia di milioni di persone. E adesso che la miscela magica che alimentava l’export sembra aver perduto il suo slancio, lo stesso accade anche alla crescita, con conseguenze immaginabili sulla fiducia dei consumatori, peraltro scossa dalla forte ondata inflazionistica che ha eroso il potere d’acquisto.
Tutto si tiene, come ben sa la Bce che ha dedicato al declino della fiducia dei consumatori un approfondimento nel suo ultimo bollettino economico osservando l’andamento della fiducia scomposta nelle sue diverse componenti.
Notate, a tal proposito, la linea verde che misura la fiducia nell’andamento dell’economia nei prossimi mesi e osservate lo spread con la linea gialla, che misura l’andamento della situazione finanziaria. Il relativo miglioramento di quest’ultima non basta ad alimentare le aspettative dell’economia. Evidentemente le famiglie privilegiano il motivo precauzionale, che le spinge ad aumentare i tassi di risparmio a fronte di un miglioramento reddituale, piuttosto che il consumo. E questo ha effetti sugli andamenti generali dell’economia che le famiglie comprendono benissimo. E infatti la fiducia cala.
La Bce ipotizza che l’inflazione abbia giocato un ruolo determinante nel far deprimere la fiducia, persino più di quanto abbia fatto l’invasione russa dell’Ucraina. E che sempre l’inflazione, una volta affrontata, abbia contribuito a migliorare lo stato d’umore dei consumatori. Ma evidentemente non abbastanza.
Rimane il fatto che, come nota la Banca, “la fiducia dei consumatori tende a essere fortemente correlata con la crescita dei consumi privati”. Siamo, insomma, intrappolati nel circolo vizioso di una sfiducia che deprime i consumi che deprimono la fiducia. E questo andamento viene replicato dall’indice del prodotto interno, che perde gradualmente colpi.
Come interrompere questo circolo? Le risposte sono innumerevoli e di crescente complessità. Sono in gioco fattori congiunturali, quindi l’andamento del ciclo e delle diverse variabili macro, ma soprattutto strutturali, che hanno a che fare con la composizione della popolazione, la struttura istituzionale della regione, e le abitudini consolidate. Ad esempio, quella di elevati tassi di risparmio. Uscirne non è per nulla facile. Infatti siamo sfiduciati.
Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”