di Rocco Tritto
Nel mondo del lavoro, sia privato che pubblico, è emergenza democrazia.
L’azzeramento dei diritti sindacali effettuato qualche settimana fa dalla Fiat di Marchionne, con lo sconcertante appoggio di Cisl e Uil, e con la benedizione del Governo, potrebbe presto fare il suo ingresso anche nella pubblica amministrazione.
La dura reprimenda del Consiglio di Stato, contenuta nel parere reso il 3 febbraio scorso, difficilmente riuscirà a fare invertire la rotta alla Funzione Pubblica che, dopo aver congelato le Rsu, impedendone il rinnovo alla scadenza naturale, col pretesto della rideterminazione (rectius: accorpamento) dei comparti di contrattazione, ora vorrebbe ridurre drasticamente o, meglio, cancellare quel che resta delle prerogative sindacali.
Eppure, quanto ha scritto il Consiglio di Stato dovrebbe far riflettere quelle sigle sindacali che irresponsabilmente sostengono la politica governativa, fatta di blocchi contrattuali, attacchi alla busta paga e ai diritti dei lavoratori.
Il massimo organo della giustizia amministrativa ha ricordato a tutti che “la Corte Costituzionale, occupandosi delle libertà sindacali, ha statuito che qualora una legge preveda il concorso delle associazioni sindacali a qualche attività, essa deve operare cercando di assicurare possibilmente a tutte le associazioni pari trattamento; e, se una selezione si renda necessaria, essa deve ricorrere al criterio della maggiore rappresentatività, da accertarsi non una volta per tutte, ma in modo da consentire una periodica verifica”.
Con il rinnovo delle Rsu, attraverso libere elezioni.