di Rocco Tritto
Il paradosso Cnr comincia a scuotere la comunità scientifica.
Da più di due mesi l’organo di vertice, Francesco Profumo, insediatosi a settembre scorso, all'esito di una lunga procedura, si è “autosospeso”, dopo aver assunto la carica di ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca.
L’obiettivo dichiarato è quello di rioccupare la poltrona dopo che il governo Monti avrà riconsegnato il potere a un governo politico, non prima di giugno 2013.
Per quasi due anni, dunque, il più grosso ente di ricerca del paese dovrebbe essere senza presidente.
A prescindere dalla illegittimità acclarata di tale decisione, sancita da una precisa legge, ciò che lascia basiti è la mancanza di rispetto verso un ente strategico, che di tutto ha bisogno meno che di un presidente che si autosospenda per due anni.
Le annose difficoltà del Cnr sono sotto gli occhi di tutti e si perpetuano dal 13 giugno 2003, quando l’allora ministro Moratti commissariò l’ente, affidando il timone a Adriano De Maio, che di lì a breve, nel 2004, consegnò il testimone a Fabio Pistella, che dopo tre anni, chiamato al vertice del Cnipa, affidò la guida del Cnr al suo vice Federico Rossi, scalzato nel 2007, dopo incandescenti polemiche, da Luciano Maiani, che prima della fine del suo mandato, a seguito dell’ennesimo processo di riordino degli enti vigilati dal Miur, ha dovuto cedere la poltrona a Profumo che, come detto, dopo soli due mesi si è autosospeso.
Una babele, dunque, che danneggia non poco non solo l’immagine ma il ruolo del Cnr, che dovrebbe essere l’ente capofila di un settore fondamentale per l’Italia.
Ma così non è, perché c’è chi a più a cuore la propria poltrona che il rilancio di un ente primario per la ricerca italiana.