di Rocco Tritto
La “grande” riforma della pubblica amministrazione, scritta e interpretata dal ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta recentemente nuovamente “trombato” nella corsa a primo cittadino di Venezia, comincia a
mostrare i segni dell’improvvisazione e della raffazzonatura.
Dopo aver mancato la prima scadenza, che era quella del 15 dicembre 2009, entro la quale a norma dell’art. 58 del decreto legislativo 150/2009 dovevano essere nominati i nuovi organi dell’Aran - dove si è invece insediato un commissario - è stata la volta della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, che non è riuscita entro gennaio a definire la struttura e le modalità di redazione del Piano della performance che i singoli enti avrebbero dovuto approvare entro il 31 dello stesso mese, facendo così slittare il tutto al 2011.
Miglior sorte non sembra avere, fino a oggi e a distanza di cinque mesi dall’entrata in vigore della “riforma”, la composizione dei nuovi 4 comparti di contrattazione. Solo qualche giorno fa, Brunetta ha emanato un atto di indirizzo in base al quale in aggiunta ai comparti autonomie locali, regioni e sanità, scuola, il quarto potrebbe essere una sorta di contenitore nel quale dovrebbero approdare, anche se con qualche distinguo, oltre ai ministeri, realtà del tutto eterogenee: dall’Università alle Agenzie Fiscali; dalla Ricerca agli enti pubblici non economici.
E’ la conferma che spesso le toppe sono peggio del buco.