Kiki - Consegne a domicilio, di Hayao Miyazaki, durata 102’, nelle sale dal 24 aprile 2013, distribuito da Lucky Red
Recensione di Luca Marchetti
Dopo quasi venticinque anni, finalmente, Kiki – Consegne a domicilio è arrivato nelle sale cinematografiche italiane. Il merito di quest’approdo va attribuito, principalmente, al coraggio commerciale di Andrea Occhipinti che, con la sua Lucky Red, ha preso la lodevole decisione di rieditare tutta l’opera completa del maestro Hayao Miyazaki e del suo Studio Ghibli, e di portarla nelle nostre sale.
Dopo il successo, non solo di critica, ottenuto da La città incantata (Orso d’oro al Festival di Berlino e Premio Oscar) e da Ponyo sulla scogliera, alcuni degli ultimi capolavori del regista, il produttore romano ha inaugurato una “retrospettiva” che ha già permesso a molti, soprattutto bambini, di scoprire grandi film come Il mio amico Totoro e Porco Rosso, sentito omaggio al nostro paese.
Kiki –Consegne a domicilio, cronologicamente la quarta pellicola realizzata dallo Studio Ghibli, è la nuova, piacevole, puntata di questa storia.
Tratto dal fortunato romanzo per l’infanzia di Eiko Kadono, il film racconta le avventure della giovane streghetta Kiki, andata via di casa con la sua scopa volante e il suo gatto parlante Jiji per trovare il proprio posto nel mondo in un'altra città, con nuovi amici.
Nonostante risenta un po’ della sua età e paghi il confronto con le opere più recenti di Miyazaki, ovviamente frutto di una differente maturità e nate dopo un lungo percorso di ricerca anche ideologica, la pellicola presenta già, sia pure solo abbozzate, tutte le tracce di quella che poi sarà una poetica consolidata e riconoscibile.
La centralità dell’infanzia, la nobilitazione delle figure anziane (rappresentate spesso come caritatevoli e sagge), la fascinazione verso il volo (come metafora dell’estrema libertà) e un solido ambientalismo, quasi militante, sono tutti temi carissimi al sensei che qui vedono i loro esordi. Anche a livello visivo, poi, soprattutto con la costruzione della meravigliosa città in cui la vicenda è ambientata (una fusione tra Lisbona e Stoccolma), si vede l’ammirazione verso le architetture europee che poi renderà uniche le ambientazioni di tutte le successive pellicole (una su tutte Il castello errante di Howl).
E’ ovvio che chi conosce già le opere più recenti del regista noterà l’eccessiva semplicità della storia raccontata e lo schematismo dei personaggi principali (anche se la giovane protagonista compie un’evoluzione narrativa di emancipazione personale particolarmente riuscita).
Siamo convinti, però, che sia proprio nella sua disarmante semplicità, e sincerità, che risieda il successo di questa piccola favola. Tanto piccola nella sua confezione lineare, quanto grande nel suo impatto emotivo. Ideale per chi voglia rimanere incantato da storie diverse, realizzate con una cura quasi artigianale, da quelle partorite dal mastodontico monopolio americano del cinema d’animazione.
E in più, davvero si vuole perdere l’opportunità di provare il piacere di vedere un film targato Miyazaki nell’atmosfera di una vera sala cinematografica? Per una volta che c’è l’occasione …