Non c’è libertà senza legalità di Piero Calamandrei, editore Laterza, Bari,2013, pp.65, euro 12.
Recensione di Roberto Tomei
Dopo la pubblicazione nel 2007 della conferenza Fede nel diritto, l’editore Laterza ha dato ora alle stampe queste altre pagine, che qui si presentano, anch’esse emerse dallo scavo tra gli inediti di Piero Calamandrei, giurista, scrittore e uomo politico fiorentino, che fu tra i fondatori del Partito d’Azione e tra gli artefici della Costituzione.
Intitolato dall’autore Libertà e legalità e databile al 1944, vale a dire in quella fase in cui andava ponendo le premesse della sua posizione alla Costituente, il saggio scandaglia le interrelazioni esistenti tra questi due concetti chiave di ogni ordinamento, che vengono approfonditi alla luce dell’esperienza liberale e, poi, di quella fascista.
Come periodo paradigmatico dello sgretolamento dell’autorità della legge, proprio il ventennio fascista viene ampiamente analizzato da Calamandrei nella seconda parte del suo scritto, significativamente intitolato “il regime dell’illegalità” avendo tale regime lavorato per vent’anni “a distruggere negli italiani il senso della legalità” da intendersi come “coscienza morale della necessità di obbedire alle leggi, qualunque esse siano”
E’ nella prima parte del suo breve scritto, invece, dove discute la dialettica libertà/legalità, che l’illustre giurista precisa l’importanza della seconda rispetto alla prima, affermando che “colla legalità non vi è ancora libertà; ma senza legalità libertà non può esserci” e che “la legalità è condizione di libertà perché solo la legalità assicura, nel modo meno imperfetto possibile, quella certezza del diritto senza la quale praticamente non può sussistere libertà politica”.
Libertà, legalità e certezza del diritto sono oggi concetti non meno dibattuti di quanto avveniva settanta anni fa, sicché la lezione di Calamandrei ci appare assolutamente attuale e da rimeditare.