di Antonio Del Gatto
La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 17322/2013, ha stabilito che deve escludersi in radice il potere del datore di lavoro pubblico, nel caso di specie la Provincia autonoma di Bolzano, di introdurre deroghe, anche a favore dei dipendenti, all'assetto definito in sede di contrattazione collettiva.
Il ccnl - scrive la Corte – è uno dei principi cardine della riforma consistita nella cosiddetta "contrattualizzazione" del rapporto di lavoro pubblico, espresso in numerose disposizioni del D.Leg.vo n. 165/2001 (secondo cui i rapporti di lavoro sono regolati esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi in materia).
I contratti individuali, pertanto, possono incidere sui trattamenti economici definiti in sede collettiva solo se specificamente abilitati dalla legge; persino il potere legislativo - salvo che non introduca esplicitamente una clausola di salvaguardia - deve cedere di fronte alle disposizioni dei contratti collettivi in ambito normativo ed economico.
Sul trattamento economico, interamente definito dai contratti collettivi, non può incidere il datore di lavoro in violazione del principio di parità di trattamento contrattuale.
Ne consegue che un eventuale atto di deroga, anche in melius per i lavoratori, alle disposizioni del contratto collettivo sarebbe affetto in ogni caso da nullità, sia quale atto negoziale, per violazione di norma imperativa, sia quale atto amministrativo, perché viziato da difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell'art. 21 septies legge n. 241/90.