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Venerdì, 26 Apr 2024

Attorno a Muccia, in provincia di Macerata, nell’ultimo mese si sono verificate più di 2200 scosse sismiche. La più forte finora è stata di magnitudo 4.7 circa, verificatasi il 10 aprile. Sei giorni prima, ce n’era stata un’altra di magnitudo 4.0. La popolazione avverte, comunque, distintamente anche quelle piccole ed è molto preoccupata.

Il presidente INGV, attualmente in carica, il 10 aprile disse a UnoMattina (RaiUno): “Difficile prevedere se ci saranno ulteriori scosse ma quello che sta succedendo è nell'ordine naturale dell'assestamento". Una dichiarazione che ha lasciato interdetti per due motivi.

Il primo: da almeno otto anni manifesta pubblicamente la convinzione di poter prevedere i terremoti dopo aver “imparato moltissimo” dalla sequenza sismica che precedette il terremoto di L’Aquila nel 2009 e di voler applicare quel “moltissimo” per il futuro (QUI video). Per Muccia, non sembra tuttavia poter prevedere se la sequenza porterà a un terremoto devastante o se non succederà niente.

Il secondo: il presidente INGV invoca “l’ordine naturale dell’assestamento”. Una locuzione, a mio giudizio, priva di significato scientifico e di nessuna utilità per gli scopi della Protezione Civile.

Il termine “assestamento” in Sismologia è spesso usato in maniera impropria. Nasce per esorcizzare la paura delle scosse successive, sempre presenti dopo un forte terremoto. “Si tratta solo di scosse di assestamento”, capita spesso di sentire nei notiziari o leggere nei giornali. Proferita anche da persone che in linea di principio dovrebbero intendersene.

Chi ha una preparazione geofisica sa che la Terra è sistematicamente lontana dall’equilibrio ma che, altrettanto sistematicamente, lo cerca. Tutto nasce dalla grandissima energia interna del nostro Pianeta e dalle potentissime forze che vi si generano. Forze che si contrastano con impressionanti conseguenze sulla superficie o in prossimità di essa come eruzioni vulcaniche, catene montuose, fosse oceaniche e innumerevoli terremoti. In particolare, attraverso vulcani e terremoti la Terra libera energia, cercando incessantemente l’equilibrio che non potrà mai raggiungere finché allo stesso tempo continuerà a generare la sua grande energia interna. Gli stati di equilibrio di un sistema coincidono con i minimi di energia del sistema stesso. Nel caso nel nostro straordinario Pianeta, i minimi di energia non durano a lungo perché nuova energia viene continuamente prodotta.

La dinamica interna fa sì che lentamente ma inesorabilmente energia di deformazione si concentri su zone precise della crosta terrestre. Le rocce crostali, però, non possono essere deformate all’infinito e quindi, a un certo punto, si rompono. Rompendosi riducono almeno in parte la deformazione e liberano l’energia in eccesso. Pensare a faglie preesistenti, come fanno certuni con scarsa dimestichezza sismologica, che, quasi capricciosamente generano sismi, non ha senso. Ogni terremoto è un processo fisico che consiste nel propagarsi di una specifica frattura, ovunque esso avvenga. La propagazione della frattura dura al più pochi minuti, poi il sistema si ricompatta e comincia un nuovo processo.

Ogni frattura sviluppa una superficie di discontinuità che le moderne reti di osservazione sono in grado di identificare con apprezzabile precisione. Erroneamente, molti geologi cercano di identificare le cicatrici di sommovimenti antichi della crosta come le origini dei terremoti presenti e futuri.

È ragionevole pensare che le tante zone sismogenetiche siano ormai identificate abbastanza bene. Ogni singolo terremoto va, comunque, pensato singolarmente come una superficie di frattura con la la discontinuità che vi si genera e la quantità di energia che vi si libera. La maggior parte di questa energia si disperde sotto forma di calore per vincere gli attriti che si oppongono al moto di una parte della crosta rispetto all’altra lungo la superficie di frattura. Solo una piccola frazione si libera in onde sismiche. Conoscendo la meccanica dei continui e la teoria delle dislocazioni, la quantità di energia liberata è esprimibile in termini della dimensione della superficie di frattura e della grandezza della dislocazione.

Insomma, tutti i fenomeni che avvengono sulla Terra sono fenomeni di assestamento compresi i terremoti più forti, quelli che sembrano avvenire all’improvviso. Comprese le grandi eruzioni vulcaniche, la sopravvivenza delle catene montuose e il persistere delle fosse oceaniche.

Definire qualche particolare scossa “ordine naturale di assestamento” significa non sapere come funziona la Terra o, meglio ancora, non sapere come “la Terra lavora”. Mi rendo conto che chi, come Anassimene di Mileto 2.500 anni fa, è convinto che un terremoto consista nel crollo rovinoso di un pezzo di crosta terrestre entro sconosciute e inquietanti voragini, faccia fatica ad accettare quanto detto precedentemente. Si tenga però presente che già Aristotele, 2.300 anni fa, aveva evidenziato le debolezze della teoria di Anassimene proponendone una più articolata.

Considerando l’affermazione “l’ordine naturale dell’assestamento” solo parole vuote, mi son posto il problema di analizzare in maniera meno pilatesca quello che sta succedendo a Muccia e dintorni.

Fino a circa un mese fa, la lunga sequenza sismica iniziata ad Amatrice si è comportata come tutte le sequenze note dell'Appennino centrale. La lunga durata delle repliche è caratteristica della zona. Si sono susseguiti almeno tre eventi "principali", ognuno di essi con le proprie scosse successive.

Fino al terremoto del 10 aprile, le scosse si distribuivano in modo casuale all'interno dell’area della sequenza e potevano esser viste come la normale evoluzione del fenomeno: segmenti crostali minori che si fratturano.

La scossa di Muccia del 10 aprile, e la successiva sequenza, ha modificato questa visione. Non è certo “naturale assestamento” il fatto che il terremoto di Muccia sia avvenuto all'estremità nordoccidentale della zona finora attivata.

La direttività della frattura va verso NNW, come già era successo per gli eventi dell’ottobre 2017. Questa particolare direttività è responsabile del grave danneggiamento delle Marche meridionali. Il processo innescatosi a Muccia potrebbe continuare il suo cammino nella stessa direzione, andando verso zone che finora non sono state attive, ma che sono sismogenetiche e allineate con la direzione della attività in corso.

Prima del terremoto dell’agosto 2016, fra le zone attivatisi nel 1997 in Umbria e nel 2009 in Abruzzo, ci trovavamo di fronte a un gap sismico che riguardava quattro regioni. Su questo, nei mesi precedenti il sisma, nessuna informazione scientifica ufficiale fu fornita alla Protezione Civile che avrebbe così preso importanti misure precauzionali.

Sul Foglietto del 21 settembre 2017, analizzammo un articolo pubblicato sul numero di agosto di Le Scienze, scritto dai due geologi Daniela Pantosti e Alessandro Amato, intitolato Il terremoto del Centro Italia. Pantosti è il direttore del Dipartimento Terremoto dell’INGV e Amato dell’INGV è responsabile del Centro Tsunami.

I due autori occupano, quindi, posizioni di vertice nell’organizzazione della nostra difesa dalle catastrofi naturali.

Senza spiegare come, Pantosti e Amato affermano che le faglie sismiche interagiscono fra loro e che questo rende privo di significato il concetto di gap sismico, a loro avviso da collegare persino all’impossibilità di previsione deterministica dei terremoti. Faglie sismiche che interagiscono è un’affermazione che si appalesa priva di significato fisico. È incomprensibile poi collegare il concetto di gap sismico - un modo utile di guardare ai dati disponibili per stabilire priorità di interventi di prevenzione - alla previsione dei terremoti.

Il terremoto del 24 agosto 2016 e la lunga sequenza successiva hanno in tutta evidenza colmato il gap creatosi fra la zona umbro-marchigiana colpita nel 1997-98 (Colfiorito) e quella abruzzese del 2009 (L'Aquila).

Negli anni e nei mesi prima di Amatrice 2016, era auspicabile e, soprattutto, doveroso invocare il principio di precauzione, per ridurre drasticamente l'impatto di probabilissimi eventi sismici, salvando molte vite umane. Nell’articolo di Le Scienze, il brano dedicato al gap sismico – a mio avviso - nulla ha a che vedere con il resto del testo.

Ricordo tutto questo perché non vorrei che, più o meno con la stessa logica, venisse ignorata anche la situazione che si è creata a Muccia e nelle zone vicine, visto che è stato invocato “l’ordine naturale dell‘assestamento”.

Tendo a sorvolare sulle critiche, sovente insultanti, che mi giungono dalle più improbabili direzioni per i miei scritti sul Foglietto. Oggi voglio fare eccezione per un attacco che mi viene da un docente universitario, per evidenziarne il livello di infondatezza. Dopo terremoti importanti, spuntano improvvisati sismologi - come funghi nei boschi nelle giornate di sole dopo pioggia e umidità - che però non conoscono la sismologia neanche per sentito dire.

In cerca di visibilità, un tizio, di cui non farò il nome come lui forse desidererebbe, su un blog minore mi ha accusato di scrivere i miei testi per motivi personali, per vendicarmi. Sia subito chiaro: mi considero libero di scrivere sugli argomenti che più mi interessano, per i motivi che ritengo più opportuni dei quali non ritengo di dover render conto a qisque de populo. Se se ne è capaci, si dimostri che quello che scrivo è sbagliato. Se così sarà, imparerò cose nuove e, una volta capiti i miei errori, dopo aver chiesto scusa per essi, migliorerò la mia cultura. Chi usa motivazioni che esulano dai metodi del confronto scientifico dimostra soltanto malanimo e mancanza di argomenti.

Il tizio è arrivato a dichiarare: “Il prof. Boschi forse non sa che, a differenza de L'Aquila, a Muccia non sono note grandi faglie in grado di generare forti terremoti (come quelli di fine ottobre 2016). Fossi in lui mi preoccuperei di più della zona di Tredozio in provincia di Forlì e Cesena, più vicina a Bologna, dove abita”. Continua poi il suo sproloquio mescolando faglie vecchie e nuove, aftershocks, scosse di assestamento. Vede faglie, quelle attive e quelle tranquille, che genereranno o non genereranno terremoti, terremoti che potranno essere forti o deboli. Tutto questo, in un crescendo di esternazioni che si appalesano incongrue.

È divertente che mi inviti a preoccuparmi della sismicità di Tredozio dove, secondo lui, è possibile un terremoto che potrebbe avere effetti devastanti a Bologna, dove abito. Il sedicente esperto sembra sapere molte cose di me: dove abito, come ragiono, che cosa scrivo, i miei sentimenti ... Gli è sfuggito un particolare: passo buona parte dell’anno proprio a Tredozio, dove risiedo tranquillamente in una casa colonica in pietra del 1300, opportunamente ristrutturata.

Le sue “competenze sismologiche” lo portano a immaginare che dentro la crosta terrestre ci siano delle cose, che chiama faglie e che lui vede o, in qualche modo, percepisce. Queste faglie sono in grado di scuotere violentemente la Terra. Come i pesci gatto delle leggende orientali che combinano disastri muovendo la coda all’interno del Pianeta.

In particolare, mi ha colpito che questo signore si preoccupi di quello che potrebbe succedere a Bologna. Lui è docente di seconda fascia all’Università di Camerino, dove immagino lavorino altri geologi, architetti, ingegneri, forse anche di prima fascia. I terremoti che hanno colpito l’Italia Centrale a partire del 24 agosto 2016 hanno provocato danni gravissimi proprio a Camerino: addirittura, sono stati danneggiati e resi inagibili edifici universitari! Mi risulta allora incomprensibile perché, invece di preoccuparsi di Bologna e dei miei sentimenti, questo signore prima del 2016 non si sia mai preoccupato della evidentissima vulnerabilità della sua città e della sua Università?

Come è possibile non si siano accorti del grande gap? Perché non hanno proposto o intrapreso opere di prevenzione? Perché prima stavano tutti zitti e adesso ci inondano di chiacchiere tanto tardive quanto inutili? Nelle pubblicazioni del mio maldicente critico non ho trovato nessun risultato di Sismologia degno di nota. Solo elucubrazioni qualitative su riviste minori.

Ho poi scoperto che il mio detrattore è da molti anni in politica, prima come vicesindaco e ora come sindaco di un piccolo Comune in provincia di Macerata. Sappia che a Bologna, da più di novecento anni, abbiamo una Torre in muratura alta un centinaio di metri: in muratura, la più alta al mondo. La cosa ci fa stare tranquilli, anche se talvolta sentiamo vibrazioni che arrivano dai vicini Appennini. A Bologna, in ogni caso, abbiamo avuto Sindaci e Giunte comunali che di queste cose si interessano seriamente da sempre.

Nella nostra Università, la più antica al mondo, abbiamo da qualche secolo la migliore Scuola di Scienza delle Costruzioni e di Ingegneria Sismica d’Europa. Abbiamo anche il corso di laurea magistrale in Geofisica, l’unico in Italia. Dico tutto questo per invitare il mio severo critico a non preoccuparsi per noi ma piuttosto si adoperi a rendere più sicuro il suo Comune, visti i gravi danni purtroppo subiti per le scosse recenti. Forse non sa che la sicurezza della comunità è il compito più importante che la legge attribuisce al sindaco.

Concludendo, suggerisco al mio spietato censore di parlare solo di quel che conosce. Lasci a chi se ne intende il compito di preoccuparsi della pericolosità sismica di Bologna, di tutta la Romagna e, soprattutto, dell’Italia.

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Sismologo dell’Accademia dei Lincei
Royal Astronomical Society

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