di Biancamaria Gentili
Dopo tre anni di contrastanti decisioni, le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto l'enigma: a giudicare i ricorsi relativi ai concorsi interni per ricercatori e tecnologi banditi dal Cnr sarà il Tar e non il Giudice del Lavoro. Si chiude così una vicenda che fino a oggi ha impedito alla magistratura di entrare nel merito dei ricorsi e di emettere le relative sentenze, atteso che l’ente di piazzale Aldo Moro ha sollevato il difetto di giurisdizione sia dinanzi al Giudice del Lavoro che al Tar.
Dinanzi al primo, il Cnr aveva sostenuto che solo dal 7 aprile 2006, data di entrata in vigore dell’articolo 15 del ccnl 2002-2005, “il profilo dei ricercatori e dei tecnologi è caratterizzato da una omogenea professionalità e quindi da un unico organico, articolato su tre livelli”, mentre quando erano stati banditi (nel 2004) i concorsi ex articolo 64, le professionalità erano disomogenee, per cui a decidere i ricorsi doveva essere il Tar. Dinanzi a quest’ultimo, però, lo stesso Cnr aveva sostenuto il contrario. I giudici della Suprema Corte, invece, hanno, di fatto, “riscritto” il contratto di ricercatori e tecnologi, affermando che “al giudice va sempre riconosciuto il potere di verificare se, al di là delle parole adoperate dagli stipulanti del contratto, risulti realmente definito un sistema di classificazione strutturato in aree omogenee, tale che i rispettivi profili professionali, seppur differenziati in livelli, siano riconducibili ad un patrimonio professionale almeno potenzialmente identico per tutti i lavoratori che vi appartengono, sicché il passaggio da un’area all’altra configuri una novazione del rapporto, ricollegandosi a un diverso grado di autonomia e di responsabilità del dipendente”.
Per la Cassazione, dunque, dirigenti di ricerca, primi ricercatori e i ricercatori (al pari dei tecnologi) rappresentano “tre distinte categorie o aree professionali”, per cui “il passaggio a una fascia funzionale superiore costituisce accesso ad un nuovo posto di lavoro, che giustifica l’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo in materia concorsuale”. Una interpretazione cha appare difficile da condividere e potrebbe creare seri problemi in merito al numero dei posti per ricercatori e tecnologi da mettere a concorso interno. La Corte Costituzionale, infatti, ha più volte ribadito che l’accesso a nuove posizioni professionali, come ora sembrano essere quelle di primo ricercatore e dirigente di ricerca, deve avvenire con concorso pubblico e che la riserva di posti per gli interni non può essere superiore al 50%.
Da Il Foglietto di Usi/RdB n. 37 del 27 ottobre 2009