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Venerdì, 05 Dic 2025

longeviQual è il segreto della longevità? A questo interrogativo ha risposto una ricerca dell’Alma Mater con il contributo del Cnr, che ha analizzato la popolazione batterica intestinale di 24 soggetti di età compresa tra i 105 e i 110 anni, per cercare di individuare le ragioni della loro lunga vita.

La composizione del microbiota intestinale, vale a dire l'insieme di microorganismi simbionti che a migliaia di miliardi abitano il nostro intestino, come chiave per capire il segreto della longevità.

Lo studio ha analizzato la popolazione batterica intestinale di 24 semi-supercentenari (ovvero soggetti di età compresa tra i 105 e i 110 anni) della provincia di Bologna, confrontandola con quella di centenari (99-104 anni), anziani (65-75 anni) e adulti (20-50 anni) arruolati nella stessa area geografica per limitare le differenze dovute alle abitudini alimentari e allo stile di vita.

La ricerca – promossa dal gruppo di Ecologia Microbica della Salute del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie e dal gruppo di ricerca per gli studi sull’invecchiamento e la longevità del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna, e con la partnership dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano – è stata da poco pubblicata sulla rivista internazionale Current Biology ed è la prima al mondo a studiare il microbiota di soggetti così eccezionalmente longevi, consentendo di gettar nuova luce sul ruolo dei batteri intestinali nella longevità.

“La longevità – spiega la ricercatrice Elena Biagi di Unobo – è un tratto complesso in cui giocano un ruolo chiave la genetica, l’ambiente e il caso. Influenzando molteplici aspetti della fisiologia umana, come il corretto funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo energetico, il microbiota intestinale può rappresentare un tassello importante nel definire come e quanto un essere umano può invecchiare mantenendosi in buona salute”.

Dalla ricerca effettuata, infatti, è emersa l’esistenza di un “core microbiota” (una sorta di porzione “fissa” dell’ecosistema in termini di composizione), costituito principalmente da specie simbionti (prevalentemente appartenenti alle famiglie Ruminococcaceae, Lachnospiraceae e Bacteroidaceae) generalmente associate ad uno stato di salute e produttrici di molecole estremamente importanti per il nostro organismo come gli acidi grassi a corta catena.

L’abbondanza cumulativa di queste specie all’interno del microbiota intestinale diminuisce però con l’avanzare dell’età, favorendo la progressiva proliferazione di specie sub-dominanti e opportunisti pro-infiammatori, presenti in bassa percentuale nei giovani adulti. L’invecchiamento è caratterizzato, inoltre, da cambiamenti nei rapporti di co-occorrenza tra le specie microbiche non appartenenti al “core”, cioè nella frequenza con cui due specie appaiono insieme nel microbiota intestinale di un individuo.

“Queste caratteristiche - aggiunge Marco Severgnini, ricercatore dell’Itb-Cnr -, tipiche di un ecosistema associato ad un organismo che invecchia, si mantengono nel microbiota intestinale di individui longevi ed estremamente longevi. Allo stesso tempo però, il microbiota intestinale dei semi-supercentenari mostra i segni di una parallela proliferazione di microrganismi antinfiammatori, immunomodulanti e promotori della salute dell’epitelio intestinale, come Bifidobacterium e Akkermansia”.

I ricercatori hanno, inoltre, rilevato nei semi-supercentenari, un aumento nell’abbondanza di batteri appartenenti alla famiglia Christensenellaceae, un gruppo batterico recentemente salito all’attenzione della ricerca nel campo del microbiota intestinale, in quanto associato ad uno stato di salute e identificato come la componente del microbiota maggiormente influenzata dal patrimonio genetico dell’ospite.

In assenza di studi longitudinali - estremamente difficili da realizzare nel campo della ricerca sulla longevità umana - non è possibile sapere se queste particolari caratteristiche del microbiota intestinale di individui così eccezionalmente longevi siano legate al loro passato stile di vita e, soprattutto, se erano già presenti in giovane età o se, al contrario, sono un tratto acquisito durante l’invecchiamento soltanto dai soggetti che riescono a vivere più a lungo degli altri.

Si può però ipotizzare che la maggiore abbondanza di Christensenellaceae, associata all’osservato aumento di bifidobatteri e Akkermansia, costituisca una sorta di “firma”, da ricercare nel microbiota intestinale di persone particolarmente longeve, e che questa rappresenti un adattamento dell’ecosistema ai cambiamenti fisiologici che avvengono con l’avanzare dell’età, in grado di promuovere la salute e contribuire al raggiungimento dei limiti estremi dell’aspettativa di vita umana.

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