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Sabato, 04 Mag 2024

La stimolazione cerebrale profonda, altrimenti nota come DBS (Deep Brain Stimulation), è ormai da molti anni il trattamento d’elezione per la malattia di Parkinson, soprattutto quando i farmaci perdono il loro effetto.

La DBS convenzionale, attualmente praticata sui pazienti, consiste nell’impianto chirurgico di due elettrodi all’interno di una specifica zona del cervello (nota come subtalamo) che poi vengono connessi ad un piccolo stimolatore messo sotto la pelle vicino alla clavicola, la cui batteria dura 5 anni e va sostituita con un piccolo intervento.

Paolo Rampini, direttore della Unità di Neurochirurgia del Fondazione Irccs Ca’ Granda Policlinico di Milano, spiega che “la DBS convenzionale ha costituito il maggiore progresso della terapia del Parkinson negli ultimi venti anni, rivoluzionando completamente la qualità della vita dei pazienti in fase avanzata di malattia con scarsa risposta ai farmaci. Dopo venti anni dalla sua introduzione, tuttavia, si sono manifestati alcuni limiti della metodica convenzionale: primo fra tutti, il fatto che la stimolazione viene erogata in modo costante al cervello del paziente con una intensità per forza di cose media”.

La malattia di Parkinson nelle fasi avanzate è, tuttavia, una malattia fluttuante, che può cambiare lo stato del paziente in pochi secondi dal blocco totale a movimenti involontari molto invalidanti. Per superare tale limitazione, un gruppo di ricercatori italiani a Milano, guidato da Alberto Priori del Centro di Ricerca “Aldo Ravelli” per le Terapie Neurologiche Sperimentali dell’Università degli Studi di Milano presso l’ASST Santi Paolo e Carlo, sta lavorando alla realizzazione di un nuovo sistema di stimolazione che si adatta continuamente, momento per momento, allo stato clinico del paziente parkinsoniano.

Tale metodica, detta aDBS, a differenza di quella convenzionale, si adatta in modo automatico alle necessità cliniche del paziente, in base all’attività cerebrale rilevata secondo per secondo, essendo in tal modo sempre calibrata per lo stato del paziente stesso.

Sulla rivista Neurology sono stati pubblicati i risultati del primo studio al mondo che ha testato il sistema di aDBS made in Italy per 8 ore, in 13 pazienti con malattia di Parkinson, i cui dispositivi sono stati impiantati presso l’Unità di Neurochirurgia del Policlinico di Milano.

Lo studio dimostra che la nuova metodica induce un miglioramento comparabile a quella convenzionale, è sicura, ben tollerata, riduce il consumo della batteria ma soprattutto riduce gli effetti collaterali osservati comunemente con quella convenzionale come, per esempio, i movimenti involontari osservati quando l’azione del picco dei farmaci si somma alla stimolazione costante.

Gli stimolatori impiantabili per aDBS – prodotti da uno spin-off dell’Università degli Studi di Milano e del Policlinico di Milano, Newronika, fondato da Alberto Priori - saranno pronti per essere commercializzati ed impiantati nei pazienti entro i prossimi 18-24 mesi.

La ricerca ha coinvolto la Fondazione Irccs Ca’ Granda Policlinico di Milano, l’Università degli Studi di Trieste e Centri di fama internazionale nell’ambito della DBS, come le Università di Toronto, di Grenoble e di Wurtzburg.

“Siamo estremamente soddisfatti – ha dichirato Alberto Priori - dei risultati che stiamo ottenendo: tutto è cominciato grazie al lavoro di un gruppo di giovanissimi nel nostro primo laboratorio, che oggi si presentano come protagonisti di un’importantissima scoperta che sarà in grado di contrastare il Parkinson in modo ancora più efficace.”

“Ormai i progressi della medicina – ha aggiunto Sara Marceglia, docente di Bioingegneria all’Università di Trieste - sono possibili solo grazie alla collaborazione multidisciplinare tra ingegneri e medici e i nuovi programmi universitari dovrebbero introdurre meglio la possibilità di tale collaborazione”.

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