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Sabato, 15 Feb 2025

Una ricerca - pubblicata di recente sulla rivista internazionale The Lancet - coordinatata dal Dipartimento di Medicina clinica della Sapienza, in collaborazione con le università di Bologna e Padova, ha dimostrato l’efficacia di una terapia innovativa basata sull’utilizzo di albumina umana su pazienti con cirrosi epatica scompensata.

Il team di ricercatori ha condotto per dieci anni uno studio controllato randomizzato, in 33 centri epatologici italiani, su 431 pazienti affetti da cirrosi epatica in fase di scompenso ascitico.

Il gruppo di pazienti di controllo ha continuato il trattamento con terapia diuretica standard, mentre, per il gruppo sperimentale, la stessa terapia è stata incrementata con una infusione endovenosa settimanale di 40 grammi di albumina umana.

Lo studio si proponeva di determinare se la somministrazione a lungo termine di albumina fosse in grado di influenzare il trattamento dell’ascite, l’incidenza di complicanze e la mortalità di pazienti affetti da cirrosi scompensata.

Nel gruppo trattato con albumina è stata osservata una riduzione del rischio di mortalità a 18 mesi di circa il 40% (HR= 0.62; C.I.=0.40-0.95), oltre a una riduzione significativa dei problemi fisiologici legati all’ascite (consiste nell'accumulo di liquido nell'addome ed è la complicanza più frequente della cirrosi epatica), come la refrattarietà, l’insufficienza renale e l’encefalopatia epatica grave.

Dai risultati è emerso anche un notevole miglioramento della qualità della vita nel gruppo trattato con albumina, dimostrando l’efficacia di un trattamento in grado di agire complessivamente sull’intera malattia e non solo sulle singole complicanze.

Lo studio ha altresì documentato una analisi favorevole in termini di valutazione costi/efficacia del trattamento: il risparmio legato al minor numero di ospedalizzazioni e il miglioramento della qualità di vita giustificano ampiamente i costi legati all’uso cronico dell’albumina, ma consente anche una riduzione della spesa sanitaria per la maggioranza di questi malati.

“I risultati di questa ricerca - spiega il professor Oliviero Riggio della Sapienza - potranno avere una ricaduta nella pratica clinica. In Italia, dove la somministrazione di albumina è regolata dalla nota 15 dell’AIFA, potranno favorire l’accesso omogeneo a questa terapia garantendo appropriatezza ed evitando così sprechi e squilibri; mentre all’estero, dove la somministrazione cronica di albumina rappresenta un approccio ancora non utilizzato, potrebbero favorire la sua introduzione tra le terapie dei pazienti con cirrosi epatica scompensata”.

Lo studio, infatti, è stato selezionato fra più di 450 progetti e finanziato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) proprio per le ricadute legate all’importante emoderivato, che oltre ad essere un farmaco molto costoso, viene spesso utilizzato in modo inappropriato, tanto che in diverse strutture ospedaliere è stata avvertita la necessità di regolamentarne la prescrivibilità e la somministrazione.

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