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Lunedì, 06 Mag 2024

cattedre nattaContinua il tormentato cammino delle “cattedre Natta”, l’ennesimo e per ora ultimo tentativo di far risultare attraenti i nostri atenei ai “talenti” esteri e nazionali.

Che il provvedimento di iniziativa governativa col quale questo esperimento si sta compiendo non sia stato accolto da un coro di consensi in ambito accademico è un fatto ormai assodato, ma anche il Consiglio di Stato, come vi abbiamo riferito qualche settimana fa, ha sollevato, nel parere di sua competenza sul provvedimento medesimo, tutta una serie di rilievi ora all’esame del governo, non mostrandosi affatto entusiasta della procedura escogitata per selezionare i “superprofessori”, come tali ritenuti degni di essere “superpagati”.

Allo stato, non essendo il testo del provvedimento ancora definitivo, il governo starebbe lavorando ad alcune correzioni in vista del suo approdo in Parlamento, dove dovrebbe arrivare, per i pareri di rito, non prima del 4 dicembre prossimo.

Dopo la vera e propria rivolta che si era registrata soprattutto nei confronti della scelta – un unicum, almeno nel mondo occidentale – di far nominare dal governo i presidenti delle commissioni preposte a selezionare i “talenti”, era sembrato che lo stesso governo stesse per correre ai ripari, attraverso l’elaborazione di tutta una serie di modifiche al testo originario.

Per quel che se ne sa, tali modifiche toccherebbero tre aspetti: 1) la nomina dei presidenti delle commissioni continuerebbe ad essere sempre di spettanza del governo, su proposta del ministro dell’Istruzione, che li sceglierebbe tra studiosi di elevatissima qualificazione scientifica, in posizione di vertice presso istituzioni universitarie o di ricerca estere o internazionali, ma verrebbero “sentiti” anche gli esponenti del mondo accademico e della ricerca, come la Crui, il Cun, l’Accademia dei Lincei, salvo un possibile ampliamento della lista, che potrebbe essere estesa a ricomprendere altri settori ora esclusi; 2) chiamati a scegliere “superprofessori”, sembra che anche i due docenti ordinari che affiancheranno i presidenti delle commissioni di concorso dovranno avere requisiti speciali, ossia un curriculum particolarmente qualificato, secondo più rigorosi criteri da individuarsi dall’Anvur; 3) allo scopo di favorire l’incontro tra domanda e offerta di superprofessori, sembra, infine, che il governo si accingerebbe a creare un sito web specifico, dove gli atenei dovrebbero manifestare la loro disponibilità a ospitare i cattedratici Natta, sicché per partecipare al bando i candidati dovrebbero acquisire anche il placet dell’ateneo ospitante. In pratica, una sorta di accettazione preventiva.

L’associazione dei dottori e dottorandi di ricerca (Adi) non l’ha presa bene e si è scagliata contro il decreto, rilevando che esso ”sembra avere l’obiettivo di creare nuove eccezioni per aggravare ulteriormente gli squilibri del sistema” e sottolineando, inoltre, che solo per il 2016 la relativa procedura di selezione verrebbe a costare 3 milioni di euro, cifra che ben avrebbe potuto essere spesa per aumentare il numero dei posti Rtdb banditi ogni anno.

A difendere il provvedimento è rimasto, per il governo, il sottosegretario Nannicini, il quale, dopo aver premesso che il decreto stesso può essere corretto ma non stravolto (e c’è da credergli, viste le modifiche irrilevanti di cui si ha notizia), ha precisato che la nuova selezione deve essere considerata come “un programma sperimentale e circoscritto” e che non si tratta comunque di “un nuovo tipo di reclutamento, ma di una nuova tipologia di chiamata diretta”.

Difficile dire se sia risultato convincente. Ci limitiamo a riferire che in giro per gli atenei circola una simpatica battuta, che lascia poco spazio a dubbi di sorta: “Qui Natta ci cova”. Scherzi a parte, ci corre l’obbligo di sottolineare che, come detto all’inizio, il decreto arriverà in ogni caso in Parlamento solo dopo il 4 dicembre, che è, come tutti sanno, il giorno del referendum.

Chi vivrà, vedrà.

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