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Domenica, 28 Apr 2024

Finita e vinta (dall’Italia) la Coppa Davis, il tennis può tornare a essere uno sport prevalentemente individuale, al massimo di coppia, senza la presenza soffocante degli inni nazionali come avviene invece in molti altri sport. Come d’abitudine molti italiani si sono interessati al tennis solo perché Sinner e la squadra italiana vincevano; mesi fa molto meno.

Sul carro dei vincitori sono saliti in tanti, alcuni di propria iniziativa, altri trascinati dal patetico giornalismo nostrano; in particolare persone che settimane prima avevano rimproverato Sinner di scarso attaccamento ai colori nazionali perché non aveva giocato nel girone Davis di Bologna (si voleva preparare per gli ATP di Torino; fortuna che poi gli altri componenti della squadra portarono in porto la barca). Alcuni arrivarono addirittura a proporne la squalifica, salvo ritirare la proposta dopo Torino, in vista di Malaga; fra questi anche quel simpaticone di Nicola Pietrangeli.

Naturalmente è stata richiamata la vicenda della Coppa Davis 1976, che l’Italia vinse andando a giocare nello Stadio Nazionale di Santiago del Cile, teatro di brutalità e massacri in occasione del golpe del 1973 (°), e anche dopo. La RAI ha trasmesso di recente un bel documentario in cui si racconta la storia della vicenda, le diverse opinioni (“Non si gioca la volée con il boia Pinochet”) e le varie fasi delle partite del 1976 e della finale.

 

I primi set del doppio decisivo vennero giocati da Panatta e Bertolucci indossando magliette rosse, colore inviso a Pinochet e soci, che vennero poi abbandonate sul finire della partita. Questo fatto, voluto – pare – da Panatta, divenne in seguito il titolo di un film di D. Calopresti.
Una magistrale ricostruzione della vicenda, in lingua spagnola, si trova nell’articolo “La final chilena de la Copa Davis de 1976 y el debate en la prensa italiana”, di G. D’Angelo e E. Fonzo.

Pochi ricordano, tuttavia, che l’Italia incontrò il Cile nella finale perché l’URSS – favorita - si rifiutò di giocare contro il Cile di Pinochet a Santiago, e per questo fu squalificata per due anni. Per ragioni simili settimane prima URSS, Cecoslovacchia, Ungheria e Filippine erano state squalificate per aver rifiutato di giocare contro Rhodesia e Sudafrica. L’URSS si rifiutò anche di giocare con il Cile una partita eliminatoria per il mondiale di calcio (che fu disputata poi dalla sola squadra cilena: partita-farsa). E la tennista Monica Giorgi fu squalificata nel 1972 perché aveva giocato a Johannesburg con una maglietta contro l’apartheid.
Perché si sa, lo sport deve star fuori dalla politica….(“Pietrangeli, 1976: Considero buffoni coloro che mescolano la politica con lo sport”, dall’articolo citato sopra): non si sanzionano massacratori e razzisti ma solo chi ha la dignità di rifiutare di incontrarli. E poi quelli erano affari interni di paesi sovrani…Oggi invece viene esclusa dalle competizioni a squadre la Russia perché ha invaso: ma non mi ricordo analoghe sanzioni per US, UK, Turchia, Israele, ecc.

Dicevamo di Sinner, diventato idolo suo malgrado (e che tale resterà finché non perderà due partite di fila), ragazzo semplice e misurato che trova persino parole per apprezzare i sostenitori degli avversari australiani per essere venuti fino a Malaga. A lui al massimo viene rimproverato di avere un leggero accento tedesco quando parla (peraltro benissimo) in italiano.
Ma non c’è verso che venga chiamato (e non solo lui) “sud-tirolese”, come sarebbe giusto; no, è “alto-atesino”, quell’orrenda definizione – geograficamente inconsistente – coniata al termine della prima guerra mondiale quando il Tirolo del Sud fu annesso forzosamente all’Italia, che in realtà non lo aveva cercato, per seguire il confine naturale delle Alpi. Per un approfondimento, si può leggere qui.

Può essere interessante ricordare che nel 1919 la “Dieta” Tirolese, riunita a Innsbruck, propose prima di creare un Tirolo indipendente e poi di annettere all’Italia tutto il Tirolo storico, compresa la parte austriaca, per preservarne l’integrità storica (proposta rifiutata dall’Italia).

Dopo la seconda guerra mondiale, oltre ai pochi tentativi armati della maggioranza sud-tirolese di rivendicare l’indipendenza, lo stato italiano, invece di mandare carri armati, truppe o di imprigionare i leader – come successo altrove nell’Europa sedicente culla della democrazia – concesse al Sud-Tirolo una consistente autonomia che venne usata bene e fu motore di sviluppo della regione stessa. La convivenza fra i due gruppi linguistici non fu mai facile: tuttavia accanto alle tensioni si sviluppò anche una ricerca di strade nuove. Tengo a ricordare Alex Langer, la sua iniziativa “Neue Linke – Nuova Sinistra” e il suo rifiuto di dichiarare la propria appartenenza in occasione dei censimenti etnici del 1981 e 1991, che gli costò anche la possibilità di candidarsi a sindaco di Bolzano.

Sfortunatamente, il termine “Alto Adige”, che il fascismo aveva reso di uso corrente, entrò stabilmente nelle istituzioni e nel linguaggio comune, pessimo esempio di imposizione del vincitore sul vinto e sulla sua storia (es.: Costantinopoli-Istanbul; Derry-Londonderry; Ragusa-Dubrovnik, ecc.).

Anni fa, mi ricordo, sciatori come Thoeni, Schmalzl, Stricker, Plank e altri sportivi sudtirolesi delle discipline invernali (slittino, bob, fondo ecc.) facevano fatica con l’italiano; a me guardarli mentre veniva suonato l’inno di Mameli faceva venire il magone. Oggi i tempi sono cambiati: Sinner e altri si sentono più integrati in una Italia cui hanno dato e dalle cui istituzioni hanno avuto.
Tuttavia quando lo vedo cantare l’obsoleto “Inno di Mameli” (“che schiava di Roma…”, “siam pronti alla morte”?? ma dai?), che tra l’altro obbliga chi lo canta oggi a pronunciare il nome del partito di maggioranza, mi viene da chiedere se, lui come tutti, sia a conoscenza che, qualche strofa più in là, dovrebbe cantare anche “I bimbi d’Italia si chiaman Balilla” e, soprattutto, “Già l'Aquila d'Austria le penne ha perduto”….Niente male, quest’ultimo passo, per una convivenza nella UE.

(°) Di recente, tra le altre cose, è stato reso ufficiale che Victor Jara, cantore della sinistra cilena, cui allo stadio erano state tagliate le dita, fu poi ucciso nello stesso luogo con una quarantina di pallottole; gli assassini sono stati condannati di recente e uno di essi estradato dagli US in Cile in questi giorni. Nel 1999 è stato pubblicato il libro della moglie Joan “Una canzone infinita”, che appassiona e rattrista.

Massimiliano Stucchi
Sismologo, già dirigente di ricerca e direttore della Sezione di Milano dell’INGV
Fondatore e curatore del blog terremotiegrandirischi.com
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