di Adriana Spera
Anche questa volta, come sempre è accaduto nel nostro Paese in occasione di referendum, si è tentato di boicottare la consultazione popolare. Ma ormai è certo, il 12 e 13 giugno si vota.
Due quesiti sono relativi all'abrogazione delle norme che hanno portato alla privatizzazione dei servizi idrici: la scheda rossa per abrogare la norma che obbliga gli enti locali ad affidare anche il servizio idrico a privati, la scheda gialla per abrogare un’altra norma, che prevede che la tariffa per il servizio idrico consenta una "adeguata remunerazione" del capitale privato investito.
Occorre votare sì perché l'acqua è un bene comune su cui non si possono e non si debbono più fare speculazioni.
Con le privatizzazioni, i costi per l'utenza sono triplicati; la qualità dell'acqua spesso è peggiorata; gli investimenti promessi sulla rete non sono stati fatti.
La scheda grigia, invece, è per abrogare tutte le norme che consentono in Italia la produzione di energia elettrica nucleare.
Nonostante fin dal 1987 gli italiani si fossero espressi contro il nucleare, si è tornati a pensare di produrre un'energia tanto costosa quanto devastante dal punto di vista ambientale.
Costruire una centrale la cui vita media è di 25-30 anni costa oltre 10 mld, manutenerla e stoccare le scorie almeno un altro miliardo l'anno. Un ottimo affare per chi costruisce, pessimo per il cittadino consumatore.
Sarà per questo che si è fatto di tutto per impedire il voto, anche una moratoria che in realtà accelerava i tempi di realizzazione. Con la scheda verde, infine, si chiede di abrogare parte della legge 51/2010, grazie alla quale premier e ministri possono rifiutarsi di comparire dinanzi ai giudici in concomitanza con impegni istituzionali, un privilegio che non ha alcun cittadino e che viola palesemente l’articolo 3 della Costituzione.
E’ necessario che l’elettore esprima non uno ma 4 sì, affinché l’Italia torni a essere un Paese normale.
Opuscolo informativo sul nucleare del Comitato di difesa della ricerca pubblica