Redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 5 marzo 2013 n. 5413 (Pres. Lamorgese, Rel. Balestrieri), è intervenuta per fare chiarezza sul momento in cui le dimissioni dal servizio di un dipendente pubblico devono essere considerate irreversibili e, quindi, efficaci.
Gli Ermellini di piazza Cavour hanno riaffermato che, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni e integrazioni, il rapporto di pubblico impiego privatizzato è regolato dalle norme del codice civile e dalle leggi civili sul lavoro, nonché dalle norme sul pubblico impiego solo in quanto non espressamente abrogate e non incompatibili.
Pertanto, le dimissioni del lavoratore costituiscono un negozio unilaterale recettizio, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui vengano a conoscenza del datore di lavoro e indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle, sicché non necessitano più, per divenire efficaci, di un provvedimento di accettazione da parte della pubblica amministrazione (Cass. 7 gennaio 2009 n. 57).
Ne consegue, con riferimento agli effetti delle dimissioni del dipendente, che, non essendo compatibile con il nuovo regime del rapporto di lavoro la disciplina delle dimissioni dettata dall'art. 124 t.u. dell'impiego statale e dovendosi applicare i criteri civilistici, la dichiarazione di dimissioni, in quanto – come sopra evidenziato - atto unilaterale recettizio, ha l'effetto di risolvere il rapporto di lavoro dal momento in cui pervenga a conoscenza del datore di lavoro (Cass. 4 agosto 2006 n. 17764).