Per la Corte di Giustizia europea, non c’è nessuna disparità di trattamento dal punto di vista fiscale tra pensionati pubblici e pensionati privati che decidono di trasferirsi all’estero, essendo legittimo che l’assegno mensile erogato dall’Inps venga, per i primi (se residenti ma sprovvisti di cittadinanza nel nuovo Stato) assoggettato alla tassazione vigente in Italia e, per i secondi, a quella applicata dallo Stato di nuova residenza.
E’ questo, in sintesi, il contenuto della decisione adottata dall’Ottava sezione della Corte di Giustizia Ue, con sentenza depositata ieri, 30 aprile 2020, nelle cause riunite C-168/19 e 169/19.
La controversia ha tratto origine da un ricorso presentato innanzi alla Corte dei conti da due pensionati pubblici italiani trasferitisi in Portogallo, dove avevano fissato la loro nuova residenza, dopo che l’Inps aveva respinto le loro istanze volte ad ottenere lo stesso trattamento riservato ai pensionati del settore privato, in applicazione della convenzione italo-portoghese contro le doppie imposizioni, vale a dire l’importo lordo della loro pensione senza il prelievo d’imposta alla fonte da parte dell’Italia, in modo da poter godere delle agevolazioni fiscali offerte dal Portogallo.
L’Istituto previdenziale aveva eccepito che l’invocata convenzione si applica unicamente ai pensionati italiani del settore privato che abbiano trasferito la loro residenza in Portogallo nonché ai pensionati italiani del settore pubblico i quali, oltre ad aver trasferito la loro residenza in Portogallo, abbiano anche acquisito la cittadinanza portoghese.
La Corte, con la suddetta sentenza, si riporta alla propria giurisprudenza, secondo la quale gli Stati membri sono liberi, nel quadro di convenzioni fiscali contro le doppie imposizioni, di stabilire i criteri di ripartizione tra loro della competenza fiscale, e secondo la quale tali convenzioni non hanno lo scopo di garantire che l’imposta applicata in uno Stato non sia superiore a quella di un altro Stato.
In tale contesto – proseguono i Giudici Ue – gli Stati membri possono ripartire la competenza tributaria sulla base di criteri quali lo Stato pagatore o la cittadinanza, per cui la disparità di trattamento che i ricorrenti lamentano di aver subito discende dalla ripartizione del potere impositivo tra l’Italia e il Portogallo nonché dalle disparità esistenti tra i regimi tributari di questi Stati membri, con la conseguenza non si può parlare di una discriminazione vietata.
Ai due pensionati, per vedere soddisfatta la loro richiesta, non resta che attendere la concessione della cittadinanza da parte del Portogallo.