L’utilizzo da parte del lavoratore di permessi ex lege n. 104/1992 per finalità diverse dall'assistenza al familiare disabile, può costituire giusta causa di licenziamento per violazione della finalità per la quale il beneficio viene riconosciuto.
E’ quanto emerge dall’ordinanza della Corte di cassazione – sezione Lavoro – n.6468/2024, pubblicata il 12 marzo scorso, con la quale ha rigettato il ricorso proposto da una lavoratrice dipendente avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 343/2020, che aveva ritenuto legittimo il provvedimento di licenziamento adottato nei confronti della medesima “per assenza ingiustificata a seguito di anomali allontanamenti dal posto di lavoro, soprattutto in connessione con la fruizione di permessi ex lege n.104/1992 in favore di genitori infermi…”, durante i quali, a seguito di controlli effettuati da agenti investigativi incaricati dal datore di lavoro, era risultato che la “lavoratrice, nelle ore imputate a permessi per l’assistenza a genitori disabili […] non l’ha affatto prestata in modo rilevante e significativo, essendosi dedicata ad altre attività”.
Per i giudici della Corte territoriale, pur non volendo “imporre la perfetta e assoluta coincidenza delle ore di permesso con l’assistenza effettiva prestata al disabile, ciò non potrebbe giustificare la carenza di assistenza, in favore del disabile, per una buona parte delle ore di permesso concesse a tale scopo”.
La Suprema Corte, nel confermare la decisione della Corte d’appello, ha ritenuto la stessa conforme alla ormai consolidata giurisprudenza della Cassazione in materia di condotte abusive da parte di lavoratori che usufruiscano di permessi per assentarsi dal posto di lavoro, al fine di prestare assistenza a familiari portatori di handicap.
In conclusione, ricorso respinto, licenziamento confermato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Rocco Tritto