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Domenica, 07 Dic 2025

La notizia era nell’aria, tant’è che Usi-Ricerca l’aveva comunicata al personale fin dal 20 maggio scorso, sfidando le cesoie del “moderatore”, che da quasi tre mesi impedisce ai lavoratori dell’ente, che ne potrebbero risultare turbati, finanche la lettura del sommario del tanto vituperato Foglietto della Ricerca.

Si tratta della decisione, ora ufficiale, che “a decorrere dalla data del 1/7/2014 il personale in servizio presso la Sede centrale (e, per estensione, il Personale in servizio presso la Sede di Milano) non potrà più fruire dei buoni pasto”. Dove, a noi profani, rimane inspiegabile come mai un provvedimento di portata romana possa coinvolgere, “per estensione”, anche il capoluogo meneghino. Bah!

A darne notizia il 12 giugno, con un messaggio al personale interessato, è stato Tullio Pepe, come latore della voluntas del presidente Gresta.

Ciò che stupisce non poco è la motivazione posta a base della scelta.

Pepe, infatti, scrive testualmente: “ … l'azienda titolare del servizio mensa presso la Sede centrale ha manifestato gravi difficoltà, addirittura con ricadute sull'occupazione degli addetti, circa la possibilità di rendere definitivo l'atto aggiuntivo al contratto di affidamento del servizio mensa, concernente la facoltà concessa al Personale di fruire, in alternativa al servizio mensa, dei buoni pasto e, inoltre, di procedere al pagamento del pasto convenzionato tramite smart card. Nei giorni scorsi, permanendo tali difficoltà, l’azienda ha ribadito la propria indisponibilità a rinnovare l’atto aggiuntivo in discorso che, avendo natura sperimentale, scadeva il 31 marzo u.s.”.

Premesso che sinora non ci eravamo mai imbattuti in atti aggiuntivi di natura sperimentale, dove forse sarebbe stato più corretto dire temporanea, non si riesce proprio a comprendere che tipo di dinamica si sia venuta a instaurare nei rapporti tra l’ente e il privato che fornisce il servizio mensa. Il primo, infatti, chiedendo che sia erogato un servizio, appunto quello di mensa, deve predisporre quanto occorre per individuare il contraente e poi verificare l’esatto adempimento del contratto.

In caso di difficoltà del privato contraente, l’ente non deve far altro che prenderne atto e provvedere di conseguenza, rescindendo il contratto e organizzandosi per fare in modo che il servizio venga erogato da altri oppure, in alternativa, abolendo il servizio mensa e erogando a tutti il buono pasto, siccome previsto dalle vigenti disposizioni contrattuali.

Nel caso di specie, per come sono andate le cose, sorge spontanea una domanda: perché bloccare l’erogazione dei buoni pasto, costringendo tutti a andare a mensa, adducendo a giustificazione le “gravi difficoltà” in cui verserebbe il gestore della mensa stessa?

La posizione di Usi-Ricerca sulla questione, a differenza di altri, è stata da subito chiara e netta e, forse, giova ribadirla: “Usi-Ricerca, che non condivide tale scelta, ha chiesto al presidente (nel corso della trattativa del 15 maggio 2014, ndr) di mettere a disposizione un locale ristoro, in favore dei dipendenti che per vari motivi non vogliano usufruire del servizio mensa, ferma restando l’erogazione del buono pasto. Obbligare il lavoratore a servirsi necessariamente della mensa, è - ad avviso di Usi Ricerca – del tutto inaccettabile”.

Ancora una volta, i vertici dell’Ingv sembrano aver fatto orecchie da mercante, andando in senso contrario alle legittime aspettative del personale che, qualora la decisione dell’ente non fosse revocata, risulterebbe oltremodo danneggiato.

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