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Sabato, 18 Mag 2024

La legge di stabilità per il 2015 aveva previsto che ciascuna amministrazione dello Stato, a partire dal 2016, conseguisse una riduzione per locazioni passive di immobili non inferiore al 50 per cento in termini di spesa e non inferiore al 30 per cento in termini di spazi utilizzati, con riferimento ai valori registrati nel 2014.

Ogni Ente doveva predisporre e trasmettere all’Agenzia del demanio, entro il 30 giugno 2015, un Piano di razionalizzazione. In caso di mancata presentazione, o qualora il Piano non fosse in linea con l’obiettivo da raggiungere, il Ministero dell’economia e delle finanze avrebbe compensato il mancato risparmio con una corrispondente riduzione sui capitoli relativi alle spese correnti per l'acquisto di beni e servizi dell'amministrazione inadempiente.

Vediamo come è stata applicata la norma in due importanti enti di ricerca, l’Istituto nazionale di statistica (Istat) e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

L’Istat, secondo quanto si apprende da una nota dell’Agenzia del Demanio del 13 febbraio 2017, in risposta a una istanza di accesso civico generalizzato, “nonostante l’iniziale incertezza circa il suo obbligo al rispetto della citata normativa sulla riduzione di spesa e degli spazi utilizzati, ha comunque formulato il proprio piano di razionalizzazione raggiungendo un risultato prossimo all’obiettivo delineato dalla disciplina normativa di riferimento”.

Nel 2014, l’Istat spendeva 6.659.031 euro per locazioni passive, il Piano di razionalizzazione riteneva di poter raggiungere la spesa massima di 4.210.000 euro nel 2016, con uno sforamento presunto di 880 mila euro.

E’ accaduto, però, che nel 2015-2016 l’Istat, con la locazione dell’immobile di via Cesare Balbo 39, ha perseguito una politica della logistica nelle sedi romane diversa da quanto previsto nel Piano e ben più onerosa.   

La conseguenza è stata che, alla fine del 2016, gli affitti pagati ammontavano a 6.123.410 euro, ben 2,8 milioni di euro in più rispetto all’obiettivo da raggiungere.

Il Cnr, in risposta a una richiesta di accesso civico generalizzato, volto ad acquisire copia del Piano di razionalizzazione delle sedi, ha sostenuto la tesi che gli enti di ricerca, non rientrando tra le amministrazioni dello Stato, non erano soggetti a tale obbligo.

Tuttavia, come risulta dalla sezione ‘Amministrazione trasparente’ (anche in questo caso è stato necessario un accesso civico per ottenere che fossero pubblicati i dati), l’ammontare delle locazioni passive del Cnr si è ridotto da 14.837.542 euro del 2014 a 11.265.312 del 2016 (-24%).

Per raggiungere l’obiettivo di risparmio del 50%, il Cnr doveva tagliare, però, altri 3,8 milioni di euro che, a questo punto, dovrebbero essere recuperati dal bilancio dell’ente, a meno che anche il Ministero dell’economia e delle finanze, al quale spetterebbe effettuare una verifica a consuntivo, converga sull’interpretazione che l'ente di piazzale Aldo Moro, in quanto ente di ricerca, debba essere dispensato dall'obbligo di ridurre i costi delle locazioni passive nella misura indicata.

In tal caso, però, la particolare "dispensa" andrebbe estesa anche all’Istat e alle altre amministrazioni del comparto.

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