La guerra, le guerre. Non dovrebbero essere scatenate, non vi può essere dubbio. Non risolvono, ne pagano le conseguenze i più deboli. Ma a che serve “condannare”? Abbiamo fatto qualcosa per evitarle? Prima di tutto, sappiamo almeno quante ce ne sono in atto, o ce ne accorgiamo solo quando scoppiano quelle più “importanti”, quelle che fanno audience, quelle che i media si degnano di propinare cospargendole di fake news? Non credo.
Innanzitutto, sappiamo che le varie guerre vengono suddivise in categorie: fra queste, ad esempio, le “guerre a bassa intensità” (!?), quelle “preventive”, le guerre su mandato dell’ONU e addirittura le “guerre umanitarie” (!?), l’orrenda denominazione utilizzata ad esempio nel caso dell’attacco della NATO alla Serbia nel 1999. Qui, fra le varie azioni “umanitarie” ricordo i bombardamenti di Belgrado, la distruzione sistematica dei ponti con i giovani a formare catene umane per impedirlo e, ad esempio, il bombardamento di un treno pieno di civili. La NATO, cioè anche noi; e mi ricordo appena di qualche protesta.
Nel caso dell’Ucraina, pochi sapevano che nel Donbass è in corso una guerra “a bassa intensità” dal 2014; pochi sapevano, pochi si indignavano. Quando si parla di quegli abitanti li si chiama con disprezzo “filorussi”, che sono manipolati dagli “oligarchi”, come in Russia (a proposito, a qualcuno è mai venuto in mente di chiamare “oligarchi" Jeff Bezos piuttosto che Mark Zuckerberg?).
Però ho scoperto che fonti di informazione ce ne sono, a volerle cercare. Ad esempio, una intervista a una persona che è stata per un po’ di tempo in Donbass,
che si può seguire anche su facebook, segnalatami da uno dei miei amici di nome Stefano, e altre fonti, che ce ne sono: basta cercarle.
Se poi interessa un’opinione di persone di larghe vedute, segnalo un articolo di Pino Arlacchi e un intervento di Don Ciotti.
Tutto questo per provare a uscire dalla insopportabile retorica, dalla ipocrisia e dalla stupidità delle dichiarazioni pubbliche di questi giorni (ad esempio di chi parla addirittura di riaprire le centrali a carbone….) e per cercare di capire che non siamo spettatori inconsapevoli degli avvenimenti che ogni tanto si svegliano e alzano il cartellino rosso dal divano.
Quello che succede non solo ci riguarda ma, in misura magari piccola, ne siamo anche responsabili.
Massimiliano Stucchi
Sismologo, già dirigente di ricerca e direttore della Sezione di Milano dell’INGV
Fondatore e curatore del blog terremotiegrandirischi.com
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