Giornalista coraggiosa, Maria Ressa ha ricevuto il Nobel insieme al reporter russo Dmitry Muratov per l’«impegno per la salvaguardia della libertà di parola». Nata nelle Filippine nel 1963, ha nazionalità americana. Time l’ha incoronata “guardiana della verità” nel 2018, dedicandole la copertina.
Co-fondatrice del sito di giornalismo indipendente Rappler, ha condotto una serie di inchieste sulle esecuzioni extra giudiziarie ordinate dal presidente filippino Duterte nella sua campagna contro spacciatori di droga e tossicodipendenti, criticandolo aspramente e, per questo, messa all’indice e arrestata più volte a Manila.
«Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere di giornalisti, eppure io ho subìto undici processi nell’ultimo anno e mezzo. Ho dovuto pagare una cauzione otto volte in tre mesi. Sono stata arrestata due volte e detenuta una volta», ha raccontato la stessa reporter al New York Times nell’ottobre 2019.
Nel 2020 un tribunale l’ha condannata per “diffamazione via internet”: è stata rilasciata su cauzione, ma rischia sei anni di carcere. Il processo è stato criticato da Human Rights Watch e Amnesty International.
Secondo Reporter senza frontiere, che ha definito «kafkiano» il procedimento contro Maria Ressa, le Filippine sono al 136esimo posto su 180 nella classifica della libertà di stampa.
L'Italia nell'annuale report sulla libertà di stampa del World Press Freedom Index di Reporter Senza Frontiere occupa il 41esimo posto. Siamo i peggiori d’Europa.
Sarebbe opportuno che la nostra stampa riflettesse su questo dato, che ci mette allo stesso livello dei Paesi più dittatoriali.
Sara Sesti
Matematica, ricercatrice in storia della scienza
Collabora con l'Università delle donne di Milano
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