di Biancamaria Gentili
Mentre Cisl e Uil proseguono senza dubbi e tentennamenti nella loro politica di condivisione delle sciagurate scelte di Governo e Confindustria in materia di lavoro, e la Cgil annuncia uno sciopero addirittura per il 6 maggio (la settimana prima delle elezioni amministrative), il sindacalismo di base si mobilita in difesa dei diritti, della dignità e del salario di milioni di lavoratori, sottoccupati e disoccupati.
Venerdì prossimo, 11 marzo, infatti, ci sarà lo sciopero generale, per l’intera giornata, sia del settore pubblico che di quello privato, con manifestazione nazionale a Roma, in piazza Esedra dalle ore 9:30.
Una iniziativa doverosa, necessaria per dare una risposta, tempestiva, forte sia alla controparte pubblica che a quella privata, le cui iniziative, avallate e condivise senza se e senza ma dai due terzi del sindacalismo confederale, stanno provocando un inaccettabile arretramento delle condizioni di tutti i lavoratori, negando ogni possibilità di stabilizzazione per il personale precario, bloccando ogni e qualsiasi progetto di sviluppo occupazionale, abolendo diritti che tutti, ma proprio tutti, fino a oggi avevano considerato inalienabili, come quello delle elezioni dei propri rappresentanti sia all’interno degli enti che delle aziende.
Ma, nello specifico del pubblico impiego, il Governo ha superato di gran lunga il livello di guardia, con il chiaro intento di ridurre alla fame oltre tre milioni di lavoratori, con il blocco dei contratti fino a tutto il 2013, senza alcuna possibilità di recuperare in futuro il maltolto, passato con la benedizione di Cisl e Uil.
Un provvedimento manifestamente incostituzionale, attesa la macroscopica violazione dell’articolo 3 della Carta fondamentale.
Altrettanto inaccettabile risulta, poi, il decreto legislativo n. 150 del 2010, sbandierato come strumento per l’ammodernamento e la riorganizzazione della pubblica amministrazione.
Un provvedimento che in realtà sembra avere un unico obiettivo, quello di dividere in maniera tutt’altro che pacifica i lavoratori, in nome di una meritocrazia che, a prescindere da qualsiasi verifica, ha già stabilito che un quarto del personale deve essere classificata nella colonna dei “fannulloni”, un altro quarto in quella degli “eccellenti” e il restante 50% nell’elenco dei “senza lode e senza infamia”.
Si tratta di iniziative politico-legislative che mortificano i lavoratori e che rendono quanto mai necessaria l’adesione allo sciopero generale di venerdì prossimo.