Segreti e no di Claudio Magris, editore Bompiani, Milano, 2014, pp.58, euro 7
Recensione di Roberto Tomei
Trent’anni fa, avendo deciso di scrivere sui profili giuridici del segreto statistico, argomento negletto tra i giuristi, mi sembrò giusto approfondire il tema, andando a scandagliarne i diversi profili.
Quello per “il segreto” è, dunque, un interesse, diciamo così, per me risalente e che coltivo da tempo.
Perciò, quando, qualche giorno fa, in libreria ho trovato il libretto di Magris, uno dei miei autori preferiti, che trattava del segreto, non ho saputo resistere alla tentazione di sapere che cosa ne avesse detto.
Quello del Maestro triestino non è un libro sistematico, ma è come se lo fosse e i capitoli in cui si articola ben potrebbero avere titoli tipici dei testi giuridici, ma scevri della “pesantezza” propria di questi.
Partito da ricordi della sua adolescenza, l’autore ci spiega l’importanza del segreto per il potere (gli arcana imperii), passando poi a illustrarne la rilevanza, soprattutto ai giorni nostri, per la difesa della vita privata, convincendoci infine sul fatto che il segreto meglio custodito è stato sinora quello confessionale.
Naturalmente, tanti sono gli autori della letteratura richiamati dal Nostro: da Torquato Accetto a Norman Manea, da Javier Marias a Isaac B. Singer e a molti altri.
Brevi ma intense le pagine dedicate ai Misteri Eleusini e a quelli Orfici, che non si potevano non trattare, dato che il segreto ha sempre avuto a che fare con una qualche interdizione sacrale. Simpatico l’epilogo, che riporta la storiella, tratta da Le Maldobrie di Carpinteri e Faraguna, del messaggio segreto che un pescivendolo triestino deve recapitare a una spia asburgica.