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Domenica, 19 Mag 2024

Gli amanti passeggeri, di Pedro Almodovar, con Penélope Cruz, Antonio Banderas, Paz Vega, Blanca Suárez, Lola Dueñas, José María Yazpik, Cecilia Roth, Javier Cámara, Hugo Silva, Antonio de la Torre, Miguel Ángel Silvestre, Carlos Areces, Carmen Machi, durata 90’, nelle sale dal 21 marzo 2013 distribuito da Warner Bros.

di Luca Marchetti

A quasi venti anni dalla sua ultima commedia “pura” (Kika-Un corpo in prestito è, infatti, del 1993) Pedro Almodovar decide di abbandonare, almeno momentaneamente, i melodrammi che negli anni gli hanno garantito un enorme successo e diversi premi (come l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale), per tornare a dedicarsi al suo primo amore: il cinema leggero.

Gli amanti passeggeri è, dunque, un ritorno alle radici per il regista della Mancha, alle prese di nuovo con temi e toni a lui da sempre cari. La storia, surreale, della pellicola è interamente ambientata su un aereo di linea dove, per problemi tecnici, passeggeri frustrati e un equipaggio sui generis sono costretti ad affrontarsi, abusando così di droghe, alcool e sesso.

L’idea esplicita di Almodovar era di rappresentare, in un contesto tragicomico e claustrofobico, la situazione stessa della Spagna, a suo dire guidata da un gruppo di incompetenti verso lo schianto. Senza dubbio la volontà di realizzare, con uno spirito estremamente libertario e divertito, una riflessione impegnata e politica è da applaudire. Purtroppo, come succede alle volte ai venerati maestri (una situazione del genere l’ha vissuta, in campo musicale, anche il grande Franco Battiato), quando si hanno delle premesse cosi è molto facile sbagliare strada.

Il regista spagnolo, infatti, ritornando alla commedia, ricorre per forza di cose al proprio particolare gusto comico e senso dell’umorismo, entrambi forse ancorati ai primi anni novanta. Se all’epoca, in una nazione in qualche modo legata sempre alla rigidità mentale del regime franchista, i suoi sberleffi cinematografici erano delle sane sferzate di libertà e delle boccate d’aria fresca, nella Spagna post-Zapatero le stesse battute, lo stesso tono e gli stessi esageratissimi riferimenti (omo) sessuali trovano veramente poco spazio, risultando cosi fuori luogo e, soprattutto, fuori tempo.

Il rapporto con il sesso, messo in scena in un modo “oscenamente” esagerato, può divertire (e ammettiamo che le risate scappino più di una volta) ma è un divertimento più legato a un cinepanettone di Neri Parenti che a un film di Almodovar, nato anche con lo scopo di far riflettere.  La sensazione che si prova di fronte al film è, quindi, quella che Almodovar, forse stanco di un cinema drammatico che, dopo alcuni capolavori immensi (Tutti su mia madre o Parla con lei, per fare solo due esempi), per i livelli altissimi raggiunti non lo stimola nemmeno più (ecco allora contestualizzato l’esperimento noir, poco riuscito, di La pelle che abito), sia voluto ricorrere a un altro genere che, purtroppo per lui, non riesce più a maneggiare come dovrebbe.

Ciò non toglie, però, al pubblico il piacere di godersi comunque alcuni momenti imperdibili in stile almodovariano come lo stacchetto musical sulle note di I’m so excited delle Pointer Sister (il regista, come dimostra anche The Look dei Metronomy sui titoli di coda, difficilmente sbaglia una colonna sonora) o l’ottimo cast di attori iberici messo in scena, dove a vecchie conoscenze come Cecilia Roth o uno strepitoso Javier Camara si affiancano anche alcuni “prestiti” di valore dalla cinematografia di Alex De La Iglesias (altro autore spagnolo famoso per il suo cinema scatenato) come gli ottimi Carlo Aceres o Guillermo Toledo. Sono da segnalare, infine, solo per dovere di cronaca i cammei iniziali di Penelope Cruz e Antonio Banderas, comparsate simpatiche quanto inutili.

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