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Lunedì, 06 Mag 2024

stalin Morto Stalin, se ne fa un altro di Armando Iannucci, con Steve Buscemi, Michael Palin, Jeffrey Tambor, Jason Isaacs, Simon Russell Beale, Olga Kurylenko, durata 106’, nelle sale dal 4 gennaio 2018, distribuito da I Wonder Pictures.

 Recensione di Luca Marchetti

Il 5 marzo del 1953, Iosif Stalin muore, nella sua dacia fuori Mosca, dopo diverse ore di agonia per un’emorragia celebrale. Accorsi al capezzale, i vari ministri e collaboratori del dittatore, confusi e atterriti per la sua improvvisa scomparsa, si lanciano immediatamente in una goffa, sanguinosa e assurda guerra di successione per decidere chi raccoglierà lo scettro del comando sull’intera Unione Sovietica.

Armando Iannucci, sceneggiatore e regista italo-scozzese, famoso per le sue spassose e verbosissime satire politiche (sue le esilaranti serie tv politico-comedy The Thick of It e Veep – Vicepresidente Incompetente), sceglie di adattare La morte di Stalin, la graphic novel dei francesi Fabien Nury e Thierry Robin sull’ascesa al potere di Nikita Krusciov. Sulla carta, vista anche la carriera e lo stile di Iannucci, ci si aspettava un’opera lucida ma orientata più alla gag verbale che al rigore storico. A sorpresa Morto Stalin, se ne fa un altro, pur essendo un necessario adattamento narrativo, conserva un’attenzione alla cronaca e una fedeltà storica che, in più parti fa deviare il percorso comico del film.

La scrittura irriverente di Iannucci è intatta e, grazie anche a un ricco cast variegato (che va dal nervosismo di Steve Buscemi alla flemma di Micheal Palin, passando alla follia di Jeffrey Tambor e alla ferocia di Simon Russell Beale), si sviluppa in un lungo e ininterrotto fiume di battute fulminanti e dialoghi ridicolmente folli.

Come al suo solito, infatti, lo scrittore di Glasgow non lascia un attimo di riposo allo spettatore che, spesso anche a fatica, deve stare dietro all’eccitato delirio satirico dei suoi protagonisti e delle loro azioni. Pur dopo tantissime risate, la sensazione che lascia la visione di Morto Stalin, se ne fa un altro, però non è proprio quella di una consolante commedia. Lo humor nero, la violenza psicologica sottintesa e lo squallore umano dei “mostri” protagonisti trasmettono tutto il disagio e il terrore del mondo staliniano e dei suoi crimini, in un perfetto ritratto storico di un’epoca.

La guerra tra bande tra il machiavellico Berija e il deciso Krusciov, arricchita dal vasto parterre di alleati e oppositori, scade volutamente in un grottesco che, se nei lavori contemporanei di Iannucci ha la pura forza della satira politica spietata, qui (anche per il peso storico dei personaggi ritratti) assume un peso specifico quasi insostenibile. L’autore, tra la parodia dei tronfi pamphlet politici di Oliver Stone e le citazioni de Il Divo di Paolo Sorrentino (gli uomini di Stalin sono presentati come i notabili democristiani della corrente andreaottiana degli anni ottanta), confeziona una riuscita commedia malata che, non solo “regala” al suo pubblico un divertimento malsano ma, più di molte altre opere storiografiche, raggiunge ragguardevoli obiettivi divulgativi.

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Critico cinematografico

 

 

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