La Sezione Lavoro della Cassazione, con sentenza n. 851, pubblicata il 16 gennaio 2017, ha respinto il ricorso proposto da un ente pubblico avverso la decisione della Corte di Appello che aveva dato ragione al partecipante ad un concorso pubblico a un posto di dirigente, classificatosi al secondo posto, che lo stesso ente - a seguito della rinuncia ad assumere sevizio del primo classificato - si era rifiutato, in autotutela, di assumere in quanto “non in possesso del requisito di esperienza di direzione e gestione”, preferendogli il terzo classificato.
Per i giudici della Suprema Corte, «in tema di concorsi nel pubblico impiego privatizzato, l’approvazione della graduatoria è, ad un tempo, provvedimento terminale del procedimento concorsuale e atto negoziale di individuazione del contraente, da essa discendendo, per il partecipante collocatosi in posizione utile, il diritto all’assunzione e, per l’amministrazione che ha indetto il concorso, l’obbligo correlato, quest’ultimo soggetto al regime di cui all’articolo 1218 Cc».
Né risulta - aggiungono i giudici - «specificamente censurata l’interpretazione del bando con riferimento alla verifica successiva dei titoli sulla base dei requisiti prescritti che la Corte riferisce alla documentazione da prodursi entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta dell’ente, e non ai requisiti di ammissione che devono essere già esistenti e conosciuti prima della valutazione comparativa, salvo il caso, non ricorrente nella specie, che il candidato si sia attribuito condizioni soggettive o oggettive, ottenendo illegittimamente l’ammissione alla selezione».