Signori miei: nonostante tutto, la Costituzione ha vinto. Sì, perché stavolta per il cambiamento (leggi stravolgimento) si erano mobilitati tutti, ma proprio tutti, a livello sia nazionale che internazionale.
Innanzitutto, si era agitato il governo durante il percorso parlamentare della “riforma”, ritmato da tagliole, canguri, maxiemendamenti e fiducie; ancor più si era scatenato il premier, con un attivismo degno di miglior causa (e le cause in Italia non mancano), girando in lungo e in largo per la penisola, dovunque a ripetere i soliti slogan anticasta della riduzione dei costi della politica e della semplificazione, talvolta (come da quesito referendario) includendo nei discorsi persino il Cnel, sconosciuto a Roma (dove “risiede” a Villa Borghese), figuriamoci fuori. Stampa e televisione hanno fatto da cassa di risonanza.
A livello internazionale, a parte i leader dei paesi che contano meno, tutti quelli che contano (ma non hanno saputo fare bene i conti) hanno tirato la volata a Renzi: da Merkel a Obama, passando per Juncker, Schäuble e gli altri. Ancorché soggetti privati e non residenti in Italia, anche le mitiche agenzie di rating non hanno mancato di far sentire la loro voce. Tutti pensosi per il nostro futuro, tutti in ansia perché il nostro paese rimanga attraente per gli investitori. Tanto ci vogliono bene, che, se potessero, non disdegnerebbero di disegnarci, loro e da soli, il nostro futuro.
Tuttavia, essendo il popolo italiano maggiorenne, qualcosa non si poteva fare a meno di farla dire anche a lui. Avendolo fatto esprimere, il risultato si è visto e sentito.
Quando ero studente, mi dicevano che l’importanza della libertà si comprende quando ti viene tolta. Forse per questo referendum sarà andata così: in astinenza dalla libertà di votare da qualche tempo, infine e finalmente, gli italiani hanno potuto far sentire la loro voce, dicendo un bel NO a una nuova costituzione mal scritta, che non avrebbe funzionato e ci avrebbe privato della libertà, consegnandoci mani e piedi alle segreterie dei partiti: per il Senato non avremmo votato più, per la Camera avremmo potuto votare solo quelli che dicevano “loro”.
Nessuno si è dato pensiero che la sovranità appartiene al popolo e che questo la esercita attraverso il voto.
Comunque, è andata bene: scampato pericolo. Di più: forse questo referendum (non) confermativo ha fatto riscoprire agli italiani la Costituzione, che anche a scuola ci fanno studiare poco e male, se non addirittura per niente. Ora è bene che la riscopra anche la classe politica, che da tempo sembra essersene congedata.
Siccome non conosco tutte le altre, non so se sia la più bella del mondo. Ricordo però che, tra l’altro e per farla breve, contiene un “programma” di società condiviso e condivisibile, che in essa si esalta la dignità umana, che parla di solidarietà, di uguaglianza e sprona a darsi da fare per promuoverla.
Questo è il paradigma costruttivistico “offerto” alla classe politica, il senso profondo e ultimo da attribuire alla nostra Costituzione.
Che, essendo di tutti e per tutti, nessuno può cambiare da solo.