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Giovedì, 28 Mar 2024

I ricercatori del Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università di Milano, in collaborazione con il Boston Children’s Hospital e la Harvard Medical School, sono riusciti a ottenere la remissione del diabete di tipo 1 in un modello murino tramite l’infusione di cellule staminali ematopoietiche ingegnerizzate per aumentare la sintesi di PD-L1, una proteina che gli autori hanno dimostrato essere carente nelle staminali ematopoietiche di soggetti affetti da diabete di tipo 1.

Le cellule somministrate hanno fermato la reazione autoimmune in modelli murini di diabete e in modelli ex vivo in cui sono state usate cellule umane.

I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista internazionale Science Translational Medicine, una delle più prestigiose in ambito di medicina sperimentale.

"Con la somministrazione di queste cellule il sistema immunitario viene rimodellato”, afferma il professor Paolo Fiorina, Associato di Endocrinologia e Direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi, che aggiunge “Lo studio mostra come le cellule staminali, trattate e successivamente iniettate nel topo, siano in grado di migrare nel pancreas, sito in cui sono contenute le isole pancreatiche che producono insulina. In tutti i topi trattati il diabete è stato completamente curato e un terzo di loro ha mantenuto la normoglicemia per una lunga durata. La proteina PD-L1 è stata ripristinata sia tramite terapia genica che usando un approccio farmacologico con molecole di piccole dimensioni”.

Già in studi precedenti si era tentato di utilizzare nuove strategie immunoterapeutiche per fermare l’attacco autoimmune alle cellule insulari e curare così i pazienti affetti da diabete di tipo 1: tuttavia, le terapie utilizzate finora non si sono dimostrate efficaci nel bloccare l’avanzamento della malattia. Il trapianto autologo di cellule del midollo osseo – vale a dire l’infusione di cellule staminali ematopoietiche provenienti dal paziente stesso per ricostituire il proprio sistema immunitario - è stato efficace per alcuni pazienti, ma non per tutti quelli trattati.

"Le cellule ematopoietiche hanno effettivamente capacità immunoregolatorie ma sembra che nei topi e negli esseri umani affetti da diabete queste proprietà siano compromesse", continua il professor Fiorina, "Abbiamo scoperto che nel diabete le cellule staminali ematopoietiche sono difettose e ciò contribuisce all’instaurarsi di uno stato infiammatorio, che si associa all’ insorgenza della malattia diabetica". Il professor Fiorina (team leader), la dottoressa Moufida Ben Nasr e colleghi hanno tracciato il profilo trascrittomico di queste cellule per capire quali proteine fossero coinvolte ed hanno scoperto che il set di geni regolatori (microRNAs) che controllano la produzione di PD-L1 risulta alterato nelle cellule staminali ematopoietiche dei topi e dei pazienti diabetici, il che comporterebbe una limitata produzione di PD-L1, favorendo l’insorgenza della risposta autoimmunitaria.

Utilizzando un virus come vettore, i ricercatori hanno introdotto nelle cellule ematopoietiche un gene sano per la sintesi di PD-L1 e le hanno infuse in topi diabetici, determinando la remissione della malattia. Il gruppo ha, inoltre, ipotizzato che lo stesso effetto potrebbe ottenersi anche trattando le cellule con un "cocktail" di tre molecole: interferone beta, interferone gamma e acido polinosinico-policitidilico. "Pensiamo che la risoluzione del deficit di PD-L1 possa fornire un nuovo strumento terapeutico per la malattia ", afferma la dottoressa Ben Nasr, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche "L. Sacco" della Statale di Milano e al Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università di Milano. "La forza di questo approccio”, aggiunge il professor Fiorina, “è la virtuale mancanza di possibili controindicazioni, poiché con questo metodo si andrebbero ad utilizzare cellule provenienti dai pazienti stessi".

Sarà necessario, ora, effettuare ulteriori studi per determinare la durata degli effetti di questa nuova terapia cellulare, nonché la frequenza di somministrazione del trattamento. Il professor Fiorina e colleghi, in collaborazione con gli scienziati del Fate Therapeutics (San Diego, California), stanno lavorando per ottimizzare il "cocktail" di molecole utilizzato per modulare le cellule staminali ematopoietiche, mentre sono in corso contatti con la Food and Drug Administration, al fine di ottenere il sostegno per la conduzione di uno studio clinico per il diabete di tipo 1, che ci si augura di poter portare presso l’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli-Sacco-Buzzi-Melloni.

Questo è un successo del Centro per la Ricerca Pediatrica-Romeo ed Enrica Invernizzi”, commenta il professor Gian Vincenzo Zuccotti, direttore dello stesso Centro. “Vogliamo creare un polo di ricerca all’avanguardia per la diagnosi, il trattamento, la cura e la prevenzione di patologie caratteristiche dell’età pediatrica. Questo grazie all’attiva collaborazione tra l’Università di Milano e i Dipartimenti Clinici del Polo Ospedaliero Luigi Sacco e dell’Ospedale dei Bambini V. Buzzi”, continua il professor Zuccotti. “Il nostro centro rappresenta un polo unico per la ricerca multidisciplinare integrata di base, traslazionale e clinica, principalmente rivolto allo studio delle patologie dell’età pediatrica, che abbiamo potuto realizzare grazie al sostegno fondamentale della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi”.

Lo studio è stato sostenuto dall’EFSD/Sanofi European Research Program, da un Grant-In-Aid dell’American Heart Association e da una sovvenzione di ricerca della Fate Therapeutics. Il professor Fiorina detiene un brevetto sulla funzione immunoregolatoria delle cellule staminali ematopoietiche.

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